Categoria: vini rossi italiani

Molise 2023, appunti di viaggio e di vini

La mia prima volta in Molise, la regione italiana della quale ne viene scherzosamente messa in discussione l’esistenza. Con famiglia e amici abbiamo alloggiato in un residence sul lungomare di Termoli (mare fantastico). L’accordo era “vacanza di mare purchè in una regione non ancora visitata”.
Puntavo al Molise da tempo, anche per poter fare qualche capatina nelle cantine e approfondire le mie conoscenze sulla Tintilia.

Termoli, città vecchia

La Tintilia è il vitigno rappresentativo della regione, relativamente recente come varietà, è stata riscoperta negli anni ’90 e studiata dall’Università di Termoli che ne ha certificato l’unicità genomica. Successivamente registrata come varietà autoctona del Molise. È divenuta DOC nel 2011.
Oltre alla Tintilia, a bacca rossa ho trovato il Montepulciano, l’Aglianico e vitigni internazionali come Cabernet e Merlot.
La sorpresa è arrivata dai bianchi, la Falanghina qui in Molise si esprime con struttura e piacevolezza immediata. Altre varietà coltivate sono Trebbiano, Malvasia e Moscato Reale.

Ripalimosani

Agricola Vinica

La prima visita è stata in provincia di Campobasso, a Ripalimosani da Agricola Vinica. Ho spesso trovato i loro vini alle fiere e alle degustazioni in lombardia ed ero curioso di scoprire l’ubicazione di questa cantina. Per arrivarci, da Termoli si percorre la bella statale che attraversa le dolci colline e il lago di Guadialfiera. L’entroterra è spettacolare, si entra in una dimensione di tranquillità e pace assoluta.

Ad attendermi in sede c’è Sara, insieme percorriamo una sterrata tra i vigneti per arrivare alla cantina, dietro una curva c’è un coloratissimo fagiano che senza troppa fretta si sposta sul ciglio della strada. Spenta l’auto domina il silenzio. La brezza tra le colline è fresca, si sta bene. L’inverno qui fa freddo.

La pianta di Sorbo tra i vigneti

Sara mi mostra il Sorbo, quello citato sulle etichette della loro Tintilia. È un albero che sbuca tra i vigneti posti sulle “lame” collinari. Da qui la Tintilia “Lame del Sorbo”.

Vigneti Vinica


I roseti fioriti testimoniamo la perfetta salute del vigneto. In cantina domina l’acciaio, una scelta precisa per preservare l’aromaticità delle uve e l’espressione territoriale.
Siamo tra i 550 e i 750 m di altitudine. Gli ettari a vigneto di Vinica sono circa 30. Oltre alla Tintilia in Vinica coltivano anche Riesling e Sauvignon.


Angelo d’Uva

La cantina si trova nel comune di Larino in contrada Ricupo. Non avevo programmato la visita ma Erica, moglie di Angelo, è stata gentilissima ad accogliermi ed offrirmi la possibilità di fare una degustazione. Come vigneti hanno 15 ettari a circa 250m, il mare è a 20km.

Pensavo di non conoscere questa cantina consigliatami da un amico, ed invece il loro Lagena l’ho più volte assaggiato in quanto viene usato nei corsi AIS per rappresentare la Tintilia del Molise (ottima).

Vigneto Angelo d’Uva

Come rossi hanno anche il Montepulciano che ha un ruolo importante tra i vini prodotti. Ne ricavano un gustosissimo rosato e il loro rosso aziendale di punta, il “Console Vibio Riserva”, che ho avuto il piacere di degustare accompagnato da una tipica grigliata di carne nel ristorante della tenuta.

La visita a questa tenuta è stata particolarmente gradita in quanto Erica mi ha raccontato numerose cose sul Molise, le sue tradizioni e i piatti tipici. Mi è arrivato l’amore profondo che hanno per la loro terra. Se siete in zona passate da qui, c’è anche la possibilità di alloggiare.


Campo di Girasoli

Claudio Cipressi

Arrivare da Cipressi è stato tortuoso per via di una strada interrotta dai lavori ma è stata anche l’occasione per ammirare i numerosi campi di girasoli della zona di San Felice del Molise. Anche qui regna la pace. La struttura è davvero bella e curata in ogni dettaglio. Abbiamo prenotato una degustazione a pagamento che è stata accompagnata da alcuni salumi e formaggi tipici.

Vigneto 66 Claudio Cipressi

Prima però abbiamo fatto un giro nei vigneti, qui purtroppo abbiamo constatato come la Peronospora abbia fatto i suoi danni nei mesi precedenti dove le piogge sono state numerose.

La degustazione ha evidenziato l’alta qualità dei vini di Claudio Cipressi. In particolare la Falanghina ha mostrato complessità e corporatura. Le Tintilie, dal Settevigne al Macchiarossa e la 66 sono un percorso alla scoperta della varietà che nella sua trama speziata si sposta dal fragrante all’evoluto in legno.


Spero che questo breve post possa invogliare i lettori a scoprire questa bella regione vinicola.

Molise Wow Esiste!. L’ho visto scritto su una maglietta ed è molto meglio del claim che ne nega l’esistenza. Anche i vini del Molise sono Wow. Da tornarci ❤️

Centomani 2020, Podere Panta Rei

La temperatura scesa di un paio di gradi mi ha fatto venir voglia di stappare un rosso, un grande rosso.
Centomani arriva dalle colline Pisane, le uve sono di Sangiovese al 100%.
Al naso esprime complessità: more e ciliegie sotto spirito, cuoio, legno maturo, cioccolato, erbe officinali, note etere, canfora… sono tanti gli spunti olfattivi che offre.

Nel palato entra con eleganza, come una carezza sul velluto, l’acidità è viva ed equilibrata, lo lascia scorrere per poi lasciarsi sottomettere da sensazioni calde e avvolgenti. Ha il 14,5% di volume alcolico. Si percepisce il peso robusto sulla lingua. Quando arriva in fondo lascia aperte due strade, la prima indica un tannino gentile che vuole essere accompagnato da una pietanza adeguata, mentre la seconda prosegue in una persistenza aromatica di frutti rossi-neri macerati e fiori passiti.

La forza muscolare non è grezza ma bensì fine ed elegante. È un gran bel vino. La vinificazione è particolare, le uve sono diraspate a mano, l’uva rimane intatta e rilascia il succo poco a poco durante il processo di fermentazione. Affina due anni in tonneaux di rovere francese e un anno in bottiglia.

Centomani sono quelle che ti stringono in un caloroso abbraccio gustativo, raccontano di un vino fatto bene da Alberto bellini di Podere Panta Rei. Un vino rispettoso della natura e tanto tanto piacevole. Memorabile!

Bourgogne Pinot Noir 2021, Couvent Des Jacobins – Louis Jadot

Il Borgogna rosso Couvent des Jacobins è un Pinot Noir ottenuto dall’assemblaggio di vini selezionati provenienti da tutta la Côte d’Or – da Gevrey Chambertin a Maranges, nelle Hautes Côtes de Beaune e nelle Hautes Côtes de Nuits – ma anche dalla Saône et Loire nel sud (Mercurey, Givry.. .). Sono il risultato di una vinificazione tradizionale e un affinamento da 8 a 10 mesi in botti o in vasche d’acciaio inox prima di essere riuniti per l’imbottigliamento.

Alla vista si presenta sgargiante di un bel rosso rubino carico.

Olfatto, pulito, intenso e tipico del Pinot noir. Trovo un piccolo frutto rosso di bosco, la rosa rossa e una nota balsamica all’orizzonte.

All’assaggio si hanno sensazioni contrastanti. L’ingresso e quasi polveroso, terroso, in una percezione che porta poi ai sentori di sottobosco. Si scandiscono nel retrogusto i frutti rossi accompagnati da una sapidità minerale e da ricordi salmastri e balsamici che confermano l’olfatto. C’è complessità, su questo non c’è dubbio.

Ha corporatura che traspare in ogni piega che prende nel palato. Il volume alcolico è del 12,5%, pensavo fosse superiore perchè è un vino che scalda e avvolge.

Ha tante sfaccettature che si possono scoprire. Si trovano sfumature del passaggio in legno ma anche quella freschezza aromatica del ‘solo’ acciaio. Ogni Pinot noir che concorre lo fa aggiungendo qualcosa di particolare che poi come in un patchwork disegna qualcosa di unico.

Potrebbe essere una nota negativa questa del patchwork, come dire, facciamone uno con un po’ di questo e di quello ed invece gli conferisce una personalità che lo differenzia.

Equilibrio e persistenza sono notevoli. Rimane questa sensazione minerale salina associata al frutto che chiama l’abbinamento ad un cibo succulento. Forse pecca un pochino in eleganza ma se paragonato a tanti altri Pinot neri italici questo è di gran lunga meglio.

Guardando il sito di questa cantina ho notato la vastissima produzione ed ora vorrei proprio salire di livello, questo può essere ritenuto un approccio alla cantina, si parte davvero bene.

Depero rosso 2020, Vivallis

Vino dedicato al futurista, sperimentatore e teorico degli sviluppi industriali delle arti Fortunato Depero che nella Vallagarina, dove ha sede la società cooperativa Vivallis, trovò ispirazione per il suo lavoro. “Iride nucleare di gallo” è l’opera in etichetta. Le uve sono di Lagrein e Merlot.

Impenetrabile e misterioso alla vista, denso e pesante, concede un contorno scarlatto giusto sui bordi. Anche al naso si apre circospetto. Apre spiragli di frutta nera macerata di more, mirtilli  e speziature di chiodo di garofano e vaniglia.

L’assaggio arriva come una stretta di mano vigorosa. Si fa conoscenza e svela una personalità buona e disponibile. 

Acidità e volume alcolico del 13,5% sono ben bilanciati, il tannino setoso. La struttura si regge su questi tre pilastri. La progressione lineare, composta. Nell’allungo si scioglie la gustosa composta di frutta, un ritorno di ciliegia surmatura.

Ho ricordato alcune opere di Depero, il movimento, l’armonia delle forme. Ci sono anche in questo vino ma più che altro il parallelo lo si trova nella precisione delle linee che, parlando di vino si ritrovano anche qui. Il blend di uve è azzeccato, l’una è complementare all’altra. L’opera che ne esce è un disegno enoico esclusivo che associa eleganza e piacevolezza.

I secondi di carne ci andrebbero a nozze, inizio a salivare pensando ad un filetto di chianina. 

Bel vino da regalarsi o da regalare.

Marcel Reichmuth, vini naturali nel cuore delle Langhe

Non sono così sicuro di voler condividere queste scoperte enoiche, è come trovare un boschetto nascosto pieno di funghi, meglio tenerlo riservato che altrimenti ci vanno in troppi e poi spariscono. Non che la cantina che vi presento possa sparire, ma l’idea di frotte di winelover in gita mi disturba. Comunque non corro rischi, il mio blog è poco frequentato e far conoscere Marcel Reichmuth agli amici è un piacere.

Io e Marcel Reichmuth mentre parliamo di vitis

Una nebbiolina autunnale accompagna la mia incursione nelle Langhe.
Arrivare in Borgata Valdiberti a Dogliani, da Milano, è un bel viaggio e consente di passare tra i rinomati cru del Barolo per poi immergersi in un luogo incantato, la Borgata Valdiberti. Qui ha sede la cantina Cascina LeRocche di Marcel Reichmuth. Un luogo che Marcel ha accuratamente scelto più di vent’anni fa per realizzare il suo progetto di vini naturali. Marcel viene dalla Svizzera e dopo aver provato a lavorare nell’enologia convenzionale ha scelto di fare i vini in modo diverso. Lui e la moglie Ursula hanno quindi scelto Dogliani come luogo per costruire il loro futuro. Gestiscono l’azienda da soli, salvo le collaborazioni occasionali durante la vendemmia.

I vigneti si estendono intorno alla proprietà, seguendo il saliscendi delle colline, guardano a sud, in un anfiteatro in cui le diverse varietà sono allevate in armonia con la terra. I filari sono ricchi di vegetazione. La viticoltura biologica praticata, si avvale anche della omeodinamica (evoluzione della biodinamica).
Marcel è orgoglioso del suo lavoro e sorride dell’invidia provata dai vicini che devono ricorrere a trattamenti fitosanitari frequenti. La sua è un’oasi in questo territorio, fermo ad una viticoltura convenzionale ormai superata oltre che insensata.

Le pratiche in cantina sono ‘minime’, le uve arrivano sane e mature alla pigiatura, fermentano spontaneamente con i lieviti indigeni presenti in natura. I vini non sono filtrati. Ogni annata è per Marcel un nuovo capitolo e un vino diverso. Vini vivi che maturano per lunghissimo tempo tra barrique, botti e anfore.

La zona d’affinamento dei vini

Siamo nella terra del Dolcetto, nella DOCG Dogliani, ma Marcel è lontano anni luce dagli standard commerciali prestabiliti. Realizza vini fuori dai canoni e fuori dalle denominazioni.
Assaggiare i suoi vini significa rimettere in discussione tanti luoghi comuni. Primo fra tutti quello che il Dolcetto sia un vino piuttosto leggero, da bere giovane e senza grandi prospettive d’invecchiamento.

Il codice Reichmuth (vedi foto più avanti) dimostra il contrario. Marcel mi parla di vini di 10 e più anni come se fosse la cosa più normale del mondo.
Mi presenta il primo vino come un rosso vinificato in bianco, un rosato praticamente. Immagino sia di quest’anno, ma no. “Questo è giovane, ha solo quattro anni” esordisce.

Lo assaggi e sì, pensi che sia giovane, con questo frutto fragrante di melograno e lampone appena colto, fresco, minerale, scende con facilità, eppure ha quattro anni. Un vino che mi ha riportato all’estate e fatto immaginare un bordo piscina o un bordo tavola sotto la pergola nella calura estiva.
Il secondo vino è il Ladiv 2017, un orange wine dal colore pieno e dai profumi inebrianti di frutta disidratata d’albicocca e datteri. Fresco, godibile ogni istante.


Terzo vino il Folet (folletto), 2010. Boom. È vivo e pimpante, non me ne capacito, ci sono dei sentori vegetali e di sottobosco che demoliscono ogni convinzione. Poi è lunghissimo, complesso, un rosso ‘resistente’ con il 14,5% di Vol.. Si presta ad accompagnare cena e dopocena, raccontando tante cose e lasciandosi scoprire lentamente.


Segue il CRSTA 2009, Dolcetto 100%. Chi diceva del Dolcetto giovane? Affina minimo 4 anni in botte grande di quercia. Ed è lì, anche lui sull’attenti, con un tannino armato per affrontare un bisteccone alla brace.
E penso alle degustazioni dei ‘dolcetti fichetti’, in confronto erano dei bambini dell’asilo. CRSTA è in armatura, pronto a conquistare il trono di spade di Dogliani.

Con l’Autin si passa ad un Dolcetto più smussato, pronto, nel suo momento evolutivo probabilmente migliore. È del 2004. Potete non credermi ma è così. Solo un gran vino può arrivarci così e questo lo è. Il 15% di Vol., come negli altri vini, è inglobato bene nella struttura generale, accompagna senza disturbare. Un vino morbido e disteso, lungo. Esprime calma, armonia. Può accompagnare migliaia di parole in un dopocena.
Il Roche 2004 è il fratello del precedente, arriva da un’altra botte. Marcel, come se fosse un secondo figlio gli ha dato un nome diverso. Ed è così, è diverso, più chiuso e riservato nel carattere. Mentre nel gusto riporta un bel frutto in confettura ed una caratteristica aromaticità che è trasversale ed unica nei vini di Marcel. Qualcosa di vegetale, vivo e vibrante.
Con il Coccù 2010 arriviamo ad un blend di Dolcetto e Barbera in cui le due varietà danzano insieme. Si aggiunge una nota speziata pepata a dare briosità a questo vino che fa un anno di barrique e tre anni di botte grande.
Ultimo assaggio il Ladiv 2016, orange wine (come il primo ma annata precedente), che Marcel scherzosamente chiama ‘Piscia d’Angelo’, un macerato che fa barrique, botte grande e anfora. Tanta roba. Infinito. Quello che penso sia il più rappresentativo della produzione di questa cantina.

Il Codice Reichmuth che identifica per barre e colori le annate prodotte

È lo stesso vino che riassaggio questa sera, mentre scrivo e ricordo la bella giornata.
Che buono Marcel!!. Aromi puliti, ricordi fruttati d’albicocca matura, datteri, ginger, zafferano, cola. Acidità e un tannino sottile che chiama la cucina, quella asiatica sarebbe perfetta, o i formaggi erborinati. Wow. Ha il 15% di Vol ma è nascosto, ti frega, occhio!. Grande bevibilità, adoro. (rileggendo il post prima della pubblicazione mi avvicino pericolosamente alla mezza bottiglia).


Che bella degustazione, di solito faccio un sorso o due e basta, oggi avevo continuamente voglia di berne ancora un pochino di ognuno.
Sono vini generosi quelli di Marcel, hanno struttura. Tutta quella argilla sul terreno gli ha dato una muscolatura da wrestler.

Sono proprio felice d’aver conosciuto ed essermi confrontato con Marcel Reichmuth, ha rafforzato le mie idee su ciò che val la pena degustare e parlare.
I suoi vini mi hanno conquistato, sono buoni, sono in armonia con l’ambiente e anarchici nella capacità di distinguersi dalla massa. Li consiglio a quelli con la mente aperta a cui piace assaggiare vini veri.

Per favore, non parlatene troppo in giro di questa cantina, è un segreto tra me e voi.

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