Categoria: aromi

Forastera 2021, Casa D’Ambra

L’immenso patrimonio ampelografico italiano ci permette di scoprire in ogni regione qualcosa di unico, in Campania e in particolare nell’isola di Ischia, ha trovato casa la varietà Forastera. Una tipicità che ha una stretta parentela genetica con altre due cultivar ischitane, la Biancolella e l’Arilla. Vitigni storicamente legati ai Greci che introdussero la viticoltura nell’isola. La Forastera visse un periodo di diffusione ad Ischia con l’avvento del Fillossera alla fine dell’800 in quanto particolarmente resistente al parassita. Viene utilizzata sia in uvaggio con altre varietà che in purezza.
Fine ‘800 è anche l’epoca in cui Casa D’Ambra, dell’omonima famiglia, inizia a far conoscere i suoi vini prima a Napoli e poi in tutta Italia e nel mondo. Oggi è la quarta generazione familiare a mantenere alto il valore di queste varietà.

I terreni vulcanici dell’isola, ricchi di potassio e fosforo, donano un carattere unico a queste uve. I vigneti di Forastera, circa quattro ettari, sono situati tra i 400 e i 500 mt slm. nei comuni di Forio, Lacco Ameno e Serrara Fontana.

L’elegante bottiglia renana di questa Forastera conserva un vino dal colore delicato e dai riflessi verdognoli. È limpido e abbastanza consistente. Il profumo è elegante, floreale e fruttato di pesca gialla, con una bella nota tiolica d’erbe aromatiche, origano, timo… La vinificazione è in acciaio a temperatura controllata.
L’assaggio denota un corpo strutturato e sorretto da una spalla acida freschissima. Arrivano al palato quelle sensazioni minerali che mi aspettavo e che mi fanno ricordare i bianchi delle Alpi. Nel retrogusto si sfumano note fruttate a ricordi di foglia di pomodoro e menta. Il finale è marino, salino, con un bel frutto di pesca matura ad allietare le papille. Un’ondata di freschezza che ti avvolge per poi lasciarti con la voglia d’essere nuovamente rinfrescato. Mi sento turista in una nuova spiaggia, gioco tra le onde gustative.

Un ottimo bianco, teso, abbastanza muscoloso e di grande finezza. Il volume alcolico del 13% lo arrotonda e gli dona vibrazioni eleganti. L’aperitivo guardando il tramonto sul mare sarebbe il miglior modo per degustarlo.
Una treccia di mozzarella con pomodorini e del pane fatto in casa sono tutto quel che mi serve per rendere la serata magica.
La Forastera si è fatta conoscere ed ora è impossibile dimenticarla.

Buona estate 2022

Fuflus 2015, Vallarom

Vino proveniente da uve di Cabernet Sauvignon, Syrah, Merlot e Cabernet Franc coltivate in regime biologico nella Vallagarina, su terreno calcareo-dolomitico. Vinificazione a contatto con le bucce di 15-18 giorni e maturazione prima in barrique per 18 mesi e poi in botte grande per 6 mesi ed altri 18 mesi in bottiglia.

In etichetta è riportata una mappa del 1700 in cui il fiume Adige che scorre vicino all’azienda è indicato come Fuflus a ricordare il fluttuare dell’acqua ma anche il dio etrusco del vino Fufluns.

Il vino si presenta con un colore compatto, rubino sull’unghia. Profumi di piccoli frutti neri macerati, more, mirtilli. Ricordi vegetali di sottobosco ed erbe balsamiche.

L’assaggio mostra un vino ‘vivo’, succoso nella percezione del frutto. Il tannino è evoluto, morbido nel palato. Ingresso fragrante poi si espande e si allunga lasciando una scia aromatica nel retrogusto in cui arriva tutta la complessità di questo vino. Le note balsamiche si aggiungono ad una mineralità e finezza che rendono il vino molto piacevole. Inizialmente l’ho degustato leggermente fresco, poi lasciandolo aprire mostra la bella speziatura dell’affinamento in legno, si arrotonda ed espande riempiendoti il palato di aromi che ricordano il cacao e legni esotici.
Ha muscolatura e corpo, trasmette vigore e territorialità. Mi piace come tutte e quattro le varietà disegnino un profilo armonico in cui emerge il territorio e la filosofia produttiva di Filippo Scienza.

Il Fuflus di Vallarom è in sintesi l’espressione di una viticoltura antica che trova nell’equilibrio con la natura la sua sintesi. Un vino rosso che chiama le carni rosse e i formaggi di malga. Da provare.

Basadone, Ludi, Neromagno.

Da qualche tempo non scrivevo di vino, mi mancava dedicarmi a questa passione. Diciamo che ora ricomincio, con dei “rossi”, il miglior modo per rimettermi in sesto. Nell’arco della settimana ho assaggiato questi tre vini, tutti meritano d’essere ricordati e magari diventare un buon consiglio d’acquisto per le prossime festività. Tre vini molto diversi che sanno raccontare ognuno il proprio terroir in modo unico. Visto che le feste si avvicinano ne consiglio l’acquisto, sia per il consumo personale che per un regalo.

Basadone 2020, Castello di Verduno – Verduno DOC

Le Langhe non sono solo Barolo e Barbaresco, il Verduno Pelaverga è un’altro gioiello di questo territorio. 

Il “Basadone” che ho in degustazione, il cui nome localmente indica il papavero ed anche un bacio, in omaggio alla tradizione popolare che vuole questo vino afrodisiaco. È ottenuto da uve di Pelaverga piccolo, vitigno autoctono coltivato nel comune di Verduno. Un vitigno unico, mitologico, presente nelle Langhe dal 1600. 

Si presenta nel calice di un bel rosso rubino luminoso con riflessi granato e profumi di piccoli frutti rossi e spezie. 

È all’assaggio, nel retronasale, che mi regala gli aromi più intensi e balsamici. La speziatura di pepe e noce moscata segna l’andatura ricamando contorni eleganti al fruttato succoso di ciliegia e marasca. Il tannino è delicato, domina la freschezza e una piacevole sapidità finale.

È un vino di grande personalità e facilità di beva. Un vino che definirei da ‘cerimoniale’, al servizio della liturgia quotidiana che vuole ogni assaggiatore prendersi cura di ogni aspetto della degustazione, dal calice all’abbinamento. Ho scelto a tal proposito un risotto alla zucca la cui dolcezza e aromaticità si sposano perfettamente con questo vino la cui persistenza sfuma delicatamente dopo parecchi secondi.

Eleganza, pulizia e personalità sono le caratteristiche che meglio descrivono questo vino in cui la nota speziata gli conferisce unicità.

Il produttore è il Castello di Verduno, hanno una storia talmente lunga che ci vorrebbe un articolo dedicato solo a questo. Basti pensare che inizia nel 1500 con la costruzione del castello e nel 1838, a seguito dell’acquisto da parte di Re Carlo Alberto, il Generale enotecnico Paolo Francesco Staglieno sperimenta le prime vinificazioni del Nebbiolo con il metodo suggerito da Giulia Falletti Colbert, gettando le basi del Barolo odierno. Nel palazzo soggiornò per lunghi periodi Oddone, figlio di Vittorio Emanuele II e di Maria Adelaide. Insomma qui è si è scritta una delle pagine più importanti dell’enologia italiana. Dagli inizi del ‘900 il Castello è di proprietà della famiglia Burlotto.

Ludi 2017, Velenosi – Offida DOCG

Il colore si nasconde sotto un manto scuro, si scopre rubino e purpureo sull’unghia. Si muove pesante lasciando uscire aromi di piccoli frutti neri macerati, note di tostatura in legno con richiami alla vaniglia e alle spezie accompagnate da ricordi di sottobosco ed erbe officinali.

L’assaggio è caloroso, vellutato nei tannini con sensazioni gliceriche e pseudo caloriche, ha il 14.5% di Vol. alcol. Sostenuto da una buona acidità si allunga esaltando aromi retronasali di frutta carnosa, ciliegie surmature, mora, liquirizia… Rimane a lungo con i suoi aromi e lo fa in modo elegante ed equilibrato.

La sensazione di ‘pienezza’ caratterizza questo vino di grande corpo. Esprime calma, voglia di fermarsi e godere con tutti i sensi di questo vino. Una volta assaggiato ci si può dimenticare di tutto il resto, a parte una buona compagnia e un abbinamento culinario adeguato, suggerisco gli arrosticini.

Il Ludi è composto da un uvaggio di Montepulciano 85%, Cabernet Sauvignon 8% e Merlot 7%. I vigneti marchigiani sono situati nei Comuni di Offida e Castel di Lama tra i 200 e i 250 m/slm su terreni argilloso-calcarei. Nella vinificazione viene fatta una macerazione di circa un mese e un affinamento di 18/24 mesi in barrique nuove.

La cantina Velenosi si trova ad Ascoli Piceno, è uno dei produttori di riferimento della regione Marche. Più volte ho assaggiato i loro vini ed anche questa volta ho ritrovato la consueta alta qualità.

Aggiungo un solo dettaglio finale, post assaggio, dopo aver scoperto l’uvaggio: penso che quella piccola percentuale di Cabernet faccia la differenza e gli doni quei toni tipici della varietà che insieme al bel fruttato e al corpo dato dal Montepulciano e dal Merlot rendono speciale e completo questo vino.

Neromagno 2018, Emilio Sciacca – Etna Rosso DOC

I toni di rosso rubino e granato splendono in questo Etna Rosso, limpido e molto consistente alla rotazione, ricama begli archetti sulle pareti del calice.

I profumi mi trasportano nella macchia mediterranea con sentori di bacche ed erbe aromatiche, piccoli frutti rossi macerati, sotto spirito, e qualcosa che ricorda il mare, il salmastro. Decisamente un bouquet interessante. All’assaggio esplode tra le guance un bel frutto rosso succoso accompagnato da note di tostatura in legno, immagino siano barrique. È un susseguirsi di sensazioni tattili, all’inizio quasi sabbioso come a ricordarmi il terreno, poi calde e avvolgenti di un volume alcol del 14%. Si sente la montagna, il vulcano, con le note saline e un ricordo sulfureo. I tannini sono ben integrati e si fanno percepire nella richiesta di qualcosa di succulento. In questo vino si può tranquillamente parlare di mineralità in quanto si somma la sapidità a ricordi sulfurei e ferrosi. Fresco e dinamico nel sorso si apre in tante direzioni facendosi apprezzare per equilibrio e complessità.

Il Neromagno fermenta con lieviti indigeni ed affina per il 70% in tini d’acciaio e il 30% in botti grandi di rovere (ops pensavo alle barrique) di secondo o terzo passaggio per 18 mesi, poi alcuni mesi in bottiglia. Non filtrato. In effetti l’apporto del legno è solo un dettaglio, un minimo contributo che però gli smussa gli angoli e dimostra una ricerca di armonia. 

Le vigne di Emilio Sciacca si trovano sul versante nord dell’Etna, coltivate in regime biologico su terreni di matrice vulcanica e sabbiosa. Nerello Mascalese 95% e Nerello Cappuccio 5% sono le varietà in uvaggio di questo Neromagno.

Mi piace perchè riesce a mantenere un carattere sincero, naturale, e presentarsi allo stesso tempo in modo preciso e curato. Vorrei immediatamente un panino con la salamella, tutto sarebbe perfetto.

Gaggiarone Riserva 2007, Alziati Annibale

Bonarda dell’Oltrepò Pavese DOC. Vino rosso amaro di Rovescala, proveniente dal Cru Gaggiarone.

Un vino della tradizione in cui l’uva Croatina della vendemmia 2007 ha concentrato colori solidi nel calice. Impenetrabili nel cuore del calice, lasciano intravedere un rosso mattonato vivo dai riflessi rubino sulle pareti.
Pesa, si muove sinuosamente disegnando archetti lenti.
Il bouquet che si palesa al naso è ampio, fruttato di ciliegia e prugna in confettura, sottobosco di muschio, cuoio, carruba, goudron… infine una nota eterea, alcolica, avvolgente.

Il sorso è ancora fresco e vivo, con un tannino vellutato ma risoluto nel chiedere un accompagnamento succulento. Ha scorrevolezza, lascia un buon sapore di frutta rossa matura nel retrogusto. Permane a lungo tra le labbra accompagnato da un finale in cui si aggiungono sensazioni tattili polverose e minerali/saline nel gusto.

È un vino biologico ottenuto da uve coltivate a 250-300 m/slm, in vigne di oltre 50 anni. Viene vinificato e matura in cemento per almeno tre anni, affina poi in bottiglia. Il volume alcolico è del 14,5%.
Aldilà di questa analisi vi sono poi le note soggettive e sentimentali che comunica un vino. In questo caso ritrovo ricordi agricoli, le corti dei caseggiati di campagna, i tavoli in formica con le lampadine tirate sopra nelle serate d’estate. Sapori netti come quello del salame nostrano tagliato spesso e dei sottaceto fatti in casa.
Questo Gaggiarone Riserva 2007 evoca sapori veri, quasi rustici, che parlano di natura, di fatica, di terra. Marne, calcari, argille, sabbie.
Esce dai canoni dei “rossi” precisi e pettinati, si potrebbe dire che è rock o ribelle come personalità. Sincero e unico come deve essere ogni vino vero.

Antipasto di salame, pasta lunga al ragù, fontina stagionata e… pagnotta di semola di grano duro in accompagnamento. Direi che per la prima volta posso usare la definizione di “vino a tutto pasto” per questo Gaggiarone.

Azienda Agricola Alziati Annibale, Frazione Scazzolino 55, Rovescala (PV) – Sito web

Bolgheri, tra cielo e mare

La Toscana di Castagneto  Carducci e la DOC Bolgheri mettono d’accordo tutta la famiglia nella scelta della  vacanza. Mare, spiaggia, ottimi ristoranti e vini eccellenti, fanno di questa zona il luogo perfetto per rilassarsi e godere dei piaceri della vita.

Percorrere la  strada provinciale Bolgherese e veder scorrere i nomi di rinomate cantine è emozionante. Salendo da San Guido con il suo Oratorio verso il Castello di Bolgheri si percorre la meravigliosa strada dei Cipressi decantata dal Carducci e diventata monumento nazionale. Quattromilanovecentosessantadue metri di lunghezza e duemilacinquecentoquaranta cipressi.

Vigne, uliveti e grandi pini marittimi dominano il paesaggio circostante, in lontananza i boschi sulle colline e la costa con le sue spiagge. Profumi di macchia mediterranea e una brezza che mitiga la calura estiva rendono questo terroir ideale per le vigne. I suoli sono di matrice argillosa e sabbiosa con un particolare scheletro Bolgherese di argille compatte dove le radici faticano a trovare spazio per raggiungere gli strati marini più profondi.

Ingresso al Borgo di Bolgheri

Bolgheri  è famosa per i vini “supertuscan”, cioè quei vini rossi in stile Bordolese da uve  di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot,  in blend o in  purezza.  La denominazione consente anche Syrah e Sangiovese fino al  50% o altre varietà a bacca rossa che possono arrivare fino  al 30% come ad esempio il Petit Verdot o il Teroldego che  seppure in piccola percentuale  ho trovato nell’ottimo rosso di Michele Satta.

Insomma grandi possibilità espressive del territorio a cui  appartiene anche la celebre DOC Bolgheri Sassicaia. 

Le grandi famiglie  del vino sono tutte qui con i rinomati rossi Sassicaia, Ornellaia, Matarocchio, Grattamacco ecc. Ci vorrebbe un  mese dedicato alle  visite e soprattutto una  programmazione e prenotazione anticipata. Scordatevi di  chiamare e trovare disponibilità immediata o nell’arco di pochi giorni nelle cantine più famose.

Ho fatto visita alla Tenuta Guado al Tasso dei Marchesi Antinori, un  marchio storico arrivato alla 27a generazione, indubbiamente un punto di riferimento qualitativo nel panorama vinicolo internazionale.

Vigna a Guado al Tasso

Giornata splendida, calda e ventilata. Ci permette di godere della vista sulle vigne che si perdono in lontananza fino ad arrivare all’Aurelia che separa le pinete e le spiagge della costa da questo primo entroterra. Cinque vini  in assaggio partendo dal rosato e succulento Scalabrone  da uve di Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. Poi il Vermentino con la sua bella acidità e sapidità che accompagnano i profumi aromatici di questo grande vitigno che è l’alfiere in bianco del territorio.

Segue il Bruciato, annata 2019, con la sua piacevolezza che lo ha reso famoso e accessibile ad una grande platea. Poi il Cont’Ugo 2019, un Merlot in purezza che è una bellissima scoperta. Succoso di frutti rossi maturi che mantiene una energica tensione e dinamicità nel palato. Anni luce lontano da quei piatti Merlot che si trovano spesso nel nord-est. Anche il prezzo è accessibile, sarà la bottiglia che mi porterò a casa. Ultimo assaggio il Guado al Tasso Bolgheri Superiore, qui si tocca l’eccellenza in quanto ad eleganza e piacevolezza. Un  vino che con il suo sottofondo balsamico ti trasporta in sublimi ambiti gustativi.

Nella Tenuta viene realizzato anche il Matarocchio, Cabernet Franc in purezza da singola parcella, ma è al di fuori delle mie possibilità poterlo assaggiare. Nella Tenuta si produce anche dell’ottimo olio d’oliva, sono allevati allo stato brado suini di razza Cinta Senese ed è presente l’Osteria del Tasso.

Piana Bolgherese vista dalla collina di Castagneto Carducci

I pochi giorni passati in questa zona hanno cancellato i miei preconcetti sulla Denominazione e mi hanno fatto innamorare di questo territorio dove l’armonia del paesaggio si ritrova anche nei vini. Sono tante le eccellenze vinicole qui prodotte che non mi stancherei mai di assaggiare. Mi spiace lasciare questi paesaggi, è uno di quei posti che mi ha fatto pensare “vorrei vivere qui”, tra cielo e mare.

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