Autore: dipendechevino

Ho ancora molta sete di vino, sono solo all'inizio.

3.6.9 2019 Ca’ Apollonio, buona la prima

Articolo pubblicato su www.vinievitiresistenti.it

L’emozione di assaggiare un nuovo vino Piwi è sempre grande e lo è ancor di più se si tratta dell’opera prima di Ca’ Apollonio. Una realtà in costante sviluppo che punta ad essere un riferimento nella coltivazione biologica e di vitigni resistenti in Italia. Il vino 3.6.9 è il biglietto da visita, ci racconta di 3 anni di sovesci, 6 anni di impianti, 9 anni di permacultura e di sole 369 bottiglie prodotte per questa anteprima. 

I toni tenui e luminosi accompagnano profumi intensi di fiori bianchi e frutti tropicali. All’assaggio ne percepisco una spiccata acidità e salinità che fanno da spalla ad una elegante progressione aromatica di frutti maturi come la pesca bianca e la mela golden. Con vino degustato fresco si hanno sensazioni di frutto croccante e minerali, quasi gessose. Con l’alzarsi della temperatura si passa a note più rotonde e avvolgenti. La vena salina rimane ma si apprezza anche la morbidezza alcolica e glicerica.

Il 369 è vestito di chiaro ma con il suo 13,5% di Vol. ha un corpo da rosso. Decisamente un bel vino, armonico nell’insieme e piacevole nel gusto. Mi ha fatto pensare a Luce, il primo brano cantato in Italiano da Elisa, “…Parlami, come il vento fra gli alberi; Parlami, come il cielo con la sua terra…”

Grande opera prima, espressione veneta del territorio ai piedi del Monte Grappa nel comune di Romano d’Ezzelino (VI) e di un vitigno dal grande potenziale quale è il Souvignier Gris. L’annata degustata è la 2019.

Dietro le quinte di questo vino si trovano Maria Pia Viaro Vallotto e Massimo Vallotto artefici del progetto Ca’ Apollonio e l’enologo Nicola Biasi, miglior giovane enologo d’Italia 2020 (da Associazione Vinoway Italia), conosciuto anche per il suo Vin de la Neu.

Azienda agricola Ca’ Apollonio, Romano d’Ezzelino (VI) – Pagina Facebook

I vitigni PIWI: marketing o sostenibilità?

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I vitigni PIWI: marketing o sostenibilità? 

Era il titolo dell’evento organizzato da Onav Varese nella bella location del Gran Palace Hotel. A presentarlo uno dei massimi esperti in materia di incroci di viti, il professore e breeder Marco Stefanini della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Tn). Il suo racconto ci ha accompagnato in un bel percorso di conoscenza delle varietà e di degustazione di 10 vini.

Sostenibilità, rispetto ed espressione del territorio sono impliciti nelle varietà di viti resistenti (PIWI) ma la collocazione e la percezione di questi vini sul mercato non è ancora chiara. Se da una parte si possono produrre vini con un minor costo in vigna e in zone considerate “meno vocate”, dall’altra c’è una ricerca e una sperimentazione di qualità che punta alla migliore espressione varietale possibile in un determinato territorio. 

A mio avviso una strada non preclude l’altra e infatti abbiamo produttori con vini Piwi che si posizionano su fasce di prezzo molto diverse, dovute al diverso impegno e investimento piuttosto che a pure logiche di marketing. 

Dalla serata è emerso (ancora), come i nomi possano essere un ostacolo all’accettazione di questi nuovi vitigni, vuoi perchè troppo fantasiosi (es. Solaris, Bronner..) o all’opposto troppo vicini agli storici genitori (Cabernet, Pinot, Merlot…). Dovremmo pensare maggiormente alla valorizzazione dei territori produttivi piuttosto che focalizzarci sui nomi… All’assaggio i vini hanno sorpreso e ricevuto numerosi apprezzamenti e qualche critica. Penso agli spumanti e ai bianchi dalla grande acidità che qualcuno ha trovato eccessiva. Cosa che per me è invece una grande dote. Amo la mineralità, la sensazione tagliente e la scorrevolezza nel palato indotta da un buon livello di acidità.

Penso che l’approccio ai vini Piwi richieda un’apertura mentale al nuovo, alla diversità gustativa. La “comfort zone” del vino di ogni winelover dovrebbe essere un luogo aperto dove selezionare tramite il nostro gusto tutto ciò che di buono viene prodotto, indipendentemente dal nome che porta. Per alcuni è però un luogo chiuso da tempo, fatto magari da poche varietà ed etichette. Ciò che differenzia un Piwi da un vino “tradizionale’ è un plus, non un deficit. 

Tornando alla serata, la degustazione è stata fantastica per tipologie assaggiate. Oltre ad apprezzare i vini provenienti da diverse regioni in cui è consentita la coltivazione, si sono assaggiate le microvinificazioni di due nuove varietà appena iscritte nel registro nazionale. 

Il Pinot Regina, sebbene vinoso ed evidentemente giovane al gusto, ha lasciato percepire la nobile parentela e la potenzialità di evoluzione. Sono certo ne usciranno grandi vini. 

Ancora più interessante l’F22P010 il vino (ancora senza nome), nato in FEM dall’incrocio di Teroldego e Merzling. Dimostra già una bella struttura e bevibilità. È una microvinificazione che senza dubbio convince e che spero possa essere il primo step per una rapida diffusione e valorizzazione in bottiglia. 

Purtroppo quando si parla di nuove varietà si mettono in conto tempi lunghi prima di raccogliere i risultati. Ci vorrà ancora qualche anno per trovare questi vini in commercio ma è ormai un traguardo vicino se si pensa ai quasi 15 anni di lavoro precedenti.

Gli altri vini degustati:  

  • Zero Infinito, Pojer e Sandri (Trentino; uve Solaris; spumante metodo ancestrale)
  • Santacolomba Brut, Cantina Sociale di Trento (Trentino; uve Johanniter, Solaris, Bronner; spumante metodo classico)
  • Santacolomba Più forte della magia, Cantina sociale di Trento (Trentino; uve Johanniter, Solaris, Bronner; bianco) 
  • A-Mors 2019 bianco, Le Rive (Veneto; uve Fleurtai, Soreli e Sauvignon Kretos)
  • Limine 2017, Terre di Ger (Friuli Venezia Giulia; uve Soreli 90%, Sauvignon Kretos 10%; bianco)
  • El Masut 2017, Terre di Gerr (Friuli Venezia Giulia; uve Merlot Kanthus e Merlot Khorus; rosso)
  • A-Mors 2019 rosso, Le Rive (Veneto; uve Cabernet Volos)
  • T.N. 11 Gandfels 2016, Thomas Niedermayr (Alto Adige, uve Piwi rosse)

Se dei bianchi si sono apprezzate le grandi doti di freschezza ed eleganza, nei rossi ha colpito la personalità ormai matura e capace di viaggiare allo stesso passo dei più conosciuti bianchi. Non mi sento di evidenziare nessuno perchè ognuno racconta davvero qualcosa di diverso e di egualmente interessante, perciò provateli e scoprite voi quali preferite!

Altra bella sorpresa della serata è stata una cassetta colma di grappoli di uve PIWI da tavola che si sono potute assaggiare. Zero trattamenti e 100% buon gusto.

Il futuro è anche questo.

Ringrazio Micaela e Umberto di Onav Varese, il Prof. Stefanini di FEM e Vincenzo di Civit per la bella serata e per lo sguardo verso il futuro che mi hanno regalato.

Brunello di Montalcino 2015, Fattoi

I grandi rossi sanno esprimersi all’olfatto con armonia e tipicità. Riempiono il palato di aromi e sensazioni avvolgenti. Piccoli frutti macerati, sottobosco, spezie, sentori eterei  e balsamici. Rotondo, possente e agile, con tannini integrati e  lunga persistenza. Sensazioni gustative che sembrano raccontarti l’evoluzione storica del proprio territorio. 

Brunello di Montalcino 2015, famiglia Fattoi. Tradizione e territorio si esprimono in questo vino con naturale grandezza.

Rukh 2018, Nove Lune

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Chissà quale è il significato di Rukh 🤔

In lingua Indi vuol dire “in piedi” ma dubito che Alessandro Sala della Cantina Nove Lune pensasse a questo. Poi ho aperto il vino e sono stato catapultato in un’altra realtà. Ero io a stare “in piedi”, nella piazza del paese, e con la folla vociante dei concittadini trepidanti. “Fate spazio, allargatevi, arriva la banda” urlava il messo comunale. Sono in tanti a suonare. Li sento da lontano, Grancassa e Trombone, una marcia sinfonica. È la banda degli Aromi con i loro frutti canditi che arrivano subito alle narici. All’ingresso del paese posso vedere i più giovani nelle prime file e sentire le note floreali e agrumate. Seguono composti gli sciroppati, di albicocca e pesca gialla che dettano il ritmo. Eccoli arrivati al centro del paese tra gli applausi, in fila e ordinati, nelle loro eleganti divise arancioni. È una festa, scoppia un petardo, lo scompiglio è nel calice, arrivano note speziate e ricordi di pietra focaia. Si riprende la sfilata, inizia l’assaggio. Li guardo avanzare con gran portamento, ora seri sulle note armoniche retronasali di resine e miele. Le majorettes mi solleticano le guance con i loro pon-pon setosi e minerali. Gli orchestrali avanzano senza sosta, ora suonano i flauti, incantano con ricordi estivi di spiaggia, di sole e di mare. È la festa di fine agosto. Li guardo diventare piccoli mentre si allontanano. Fiori alle finestre, e profumo di festa. Il paese, come il calice, è piccolo, rifaranno un’altro giro. Gran festa a Rukh, di profumi e di aromi unici.

Per scoprire Rukh segui le indicazioni di Nove Lune, direzione Valpredina. All’incrocio dei vitigni resistenti alle malattie fungine prendi per Bronner e Johanniter. Rukh si trova esattamente a metà strada, a circa 450 m/slm nella zona dell’oasi WWF. Quando arrivi non suonare Orange wine, sarebbe riduttivo. Chiedi del bianco macerato sulle bucce, quello “in piedi”, vinificato e affinato in anfora. 

Ps. Poco prima che pubblicassi il post ho scoperto che Rukh è in realtà un riferimento alla Costellazione del Cigno, “Delta Cygni” conosciuta anticamente con il nome Persiano di Rukh o Ruc. In effetti ha più senso visto il nome della cantina “Nove Lune”. Ora potrei immaginarmi in un viaggio interstellare nella costellazione di Rukh …ma ve lo racconto alla prossima bottiglia 🤣

Nove Lune, Via Valpredina 5, Cenate Sopra (BG), sito web

La Spumantizzazione Metodo Classico/Champenoise

Sintesi del processo di Spumantizzazione – Metodo Classico/Champenoise

1 SELEZIONE UVE

Si parte dalla raccolta e selezione delle uve. Quelle più utilizzate provengono dai vitigni Chardonnay e Pinot bianco a bacca bianca e Pinot nero e Pinot Meunier a bacca nera. Sono vitigni molto diffusi, “internazionali” che hanno caratteristiche tali da renderli ottimi per la spumantizzazione. Il Pinot Meunier (significa mugnaio, per la lanuggine biancastra che si forma sotto le foglie e che ricorda la farina), poco diffuso in Italia, è tipico della regione francese della Champagne. Gli spumanti metodo classico più noti in Italia sono Franciacorta e Oltrepò Pavese metodo classico dalla Lombardia; Trento doc dal Trentino e Alta Langa dal Piemonte. Il più famoso metodo classico nel mondo è il francese Champagne. Dalla Spagna provengono invece gli spumanti metodo classico denominati Cava.

2 PIGIATURA

Le uve a bacca rossa contengongono sostanze coloranti nella buccia, gli antociani, ma il succo è chiaro. Per evitare la colorazione si separa il mosto dalle bucce. Viene chiamata “vinificazione in bianco”.
Nel caso degli spumanti/champagne rosé, il mosto (succo della spremitura), rimane a contatto qualche ora con le bucce nere in modo da estrarre le sostanze coloranti che gli daranno il tipico tono rosato.

3 MOSTO FIORE

Succo d’uva della prima spremitura.

4 FERMENTAZIONE ALCOLICA

I lieviti fermantativi (presenti sulla buccia e in cantina o selezionati ed aggiunti dal produttore), vengono a contatto con gli zuccheri (naturalmente presenti nel succo d’uva) di cui si nutrono e danno luogo alla fermentazione dalla quale si genera: volume alcolico, anidride carbonica (bollicine) ed energia/calore. Terminati gli zuccheri termina la fermentazione e i lieviti vanno in autolisi.

5 VINO BASE

È il vino “fermo” ottenuto dalla fermentazione che verrà usato come base, rappresentativa dell’annata, nella composizione dello spumante.

6 ASSEMBLAGGIO – COMPOSIZIONE DELLA CUVÈE

Si determina la composizione dei vini base da mettere insieme. Se viene usato solo il vino proveniente dalla stessa annata verrà poi definito come “Millesimato”, unico caso in cui è riportato l’anno in etichetta. L’assemblaggio può contemplare il vino base dell’annata in corso o da annate precedenti, oppure i vini ottenuti da diversi vigneti (Cru) o da vitigni diversi. Esempio di assemblaggio: Chardonnay 60% annata in corso + Pinot Noir 40% vigna “della montagna” 2015 + Pinot bianco 20% “vigna Regina” 2018. L’assemblaggio consente di personalizzare in modo distintivo lo spumante dandogli lo stile tipico della cantina.

7 IMBOTTIGLIAMENTO

L’assemblaggio dei vini viene imbottigliato nelle tipiche bottiglie Champagnotte o nei formati speciali per Riserve e Cuvée. Il vetro delle bottiglie è più spesso rispetto a quello degli altri vini per la necessità di resistere alla forte pressione che si svilupperà all’interno alla fine del processo. Scopri le bottiglie e i formati.

8 TIRAGGIO

Ad ogni bottiglia viene aggiunto al vino uno sciroppo di zucchero e lieviti. Detto anche Liquer de Tirage in Champagne.

9 TAPPATURA PROVVISORIA

Le bottiglie vengono tappate con un tappo metallico a corona con bidule (piccolo cilindro plastico sottostante), dove alla fine dell’affinamento e verticalizzazione della bottiglia, si depositeranno le fecce fini (lieviti in autolisi e altri residui).

10 SECONDA FERMENTAZIONE IN BOTTIGLIA

In ogni singola bottiglia, grazie all’azione dei lieviti, organismi unicellulari vivi che si nutrono di zuccheri, si attiva la fermentazione.

11 PRESA DI SPUMA

Dalla fermentazione si genera alcool ed anidride carbonica, le famose bollicine (spuma) e si sviluppa una notevole pressione interna, fino a 6bar.

12 AFFINAMENTO

Esauriti gli zuccheri i lieviti vanno in autolisi ma continuano ad arricchire la complessità aromatica dello spumante. L’affinamento può durare da uno a dieci o più anni. Lo spumante si evolve nel tempo e acquisisce finezza oltre a valore economico.

13 REMUAGE NELLE PUPITRES

Le bottiglie vengono ruotate per il mescolamento con le fecce fini e verticalizzate per una lenta discesa delle delle stesse sul collo della bottiglia. Storicamente chiamato Remuage questo processo manuale viene fatto sulle bottiglie inserite nelle Pupitres di legno. Nelle moderne cantine, centinaia bottiglie vengono accatastate in GiroPallet e movimentate meccanicamente per ottenere lo stesso risultato.

14 ROTAZIONE E VERTICALIZZAZIONE

Il processo manuale prevede la rotazione di 1/8 o di 1/4 di giro, a sinistra o destra, a partire da un segno fatto con il gesso sul fondo della bottiglia. Progressivamente viene verticalizzata grazie a delle scanalature sulle pupitres che permettono un diverso posizionamento. In champagne una bottiglia viene mediamente manipolata 25 volte nell’arco di un mese e mezzo prima della sboccatura (Dégorgement)

15 SBOCCATURA / DÉGORGEMENT

La sboccatura, anche detta Dégorgement, viene effettuata al termine del periodo di affinamento previsto. Si procede meccanicamente con il congelamento del collo della bottiglia (circa -27°), dove si sono depositate le fecce fini e si toglie il tappo a corona. La pressione interna espellerà il blocchetto ghiacciato con i residui insieme al tappo. Per i grandi formati e nelle cantine con piccola produzione, la sboccatura viene fatta manualmente, “à la volée” con la bottiglia capovolta e stappata che viene poi velocemente raddrizzata. La minima perdita di vino viene compensata con un rabbocco dello stesso vino.

16 DOSAGGIO

Lo spumante è pronto in versione “non dosata”, anche chiamata Nature o Pas Dosé (zuccheri inferiori a 3g/l).
Per tutte le altre versioni si procede al dosaggio (Dosage o liqueur d’expédition).
Si aggiunge uno sciroppo composto da una quantità definita di zucchero disciolto nel vino.

Versioni
Nature/dosaggio zero/Pas dosé: nessuna aggiunta di zuccheri
Extra Brut: tra 0 e 6 gr/l
Brut: tra 7 e 12 gr/l
Extra Dry: tra 12 e 17 gr/l
Sec/Dry: tra 17 e 32 gr/l
Demi-sec: tra 32 e 50 gr/l
Doux/Dolce: più di 50 gr/l

17 TAPPATURA

A Spumante pronto si procede alla tappatura definitiva con tappo in sughero e gabbietta metallica di sicurezza.

18 ETICHETTATURA

Personalizzazione della bottiglia con etichetta, collarino e fascettatura di legge.

©Dipende che Vino – Infografica: Luca Gonzato

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