Dopo un anno di lavoro è stato presentato nel mese di dicembre 2023 il volume di 340 pagine dedicato ai PIWI in cui sono coautore insieme ad Ivano Asperti.
L’opera è a colori e rilegata in brossura, raccoglie tutte le informazioni più aggiornate sul mondo dei PIWI, in Italia e non solo. La storia, il futuro e numerose testimonianze dirette dei viticoltori.
Sono inoltre catalogati tutti i produttori PIWI italiani e i vini in commercio. Se volete approfondire questo affascinante argomento potete acquistare il libro a questo Link di Dipende che Vino. Vi verrà poi spedito in modo sicuro in tutta Italia come raccomandata di Poste Italiane.
Per quantitativi di 10 o più copie abbiamo previsto uno sconto speciale sul prezzo di copertina, contattatemi se siete interessati: mail.
Il libro è in vendita anche presso l’enoteca Dipende che Vino in via R. Bonghi 12 a Milano.
Qui troverete la più grande selezione di vini PIWI d’Italia, oltre 100 etichette rappresentative di una produzione che ha raggiunto livelli d’eccellenza.
Dipende che Vino sarà la casa per tutti quei winelover dalla mentalità aperta che vorranno assaggiare qualcosa di nuovo e soprattutto di buono. È infatti la gradevolezza a definire il successo di un vino ed i PIWI sono ormai premiati ai massimi livelli nonché inseriti nelle Carte di ristoranti stellati.
Potrei raccontarvi degli aspetti di sostenibilità ambientale dei PIWI o di come questi vitigni siano ottenuti in modo naturale per impollinazione e selezione ma lascio questo approfondimento alle pagine di vinievitiresistenti.it o direttamente da me in enoteca.
Dalla passione per il vino all’apertura dell’enoteca il percorso è stato lungo. L’interesse specifico è nato ormai una decina d’anni fa, quando ho iniziato a frequentare i corsi di approfondimento. Sono poi diventando Sommelier AIS e Maestro Assaggiatore ONAV. In occasione di questo ultimo titolo è scattata la molla che mi ha fatto specializzare sui PIWI. Era il tema della tesina finale. Successivamente quelle ricerche le ho rese pubbliche sul sito Vini e Viti Resistenti.it. Primo ed unico spazio web completamente dedicato a queste varietà e ai vini che ne derivano. Una costola di Dipende che Vino che piano piano è diventata la colonna portante delle mie ricerche enoiche. Sono poi successe altre cose, che hanno fatto diventare anche me un ”Resistente alle malattie” e così è stato del tutto naturale mettere da parte una precedente attività nel mondo della comunicazione, e coltivare al 100% questa passione “made in Piwi”.
Passate a trovarmi, non mi stanco mai di raccontare questi vini e sono certo che vi farò scoprire qualcosa di unico ed interessante.
Dipende che Vino si trova a Milano in Via Bonghi 12, nella zona sud di Milano, a pochi passi dal Naviglio Pavese ed è raggiungibile facilmente con i tram 3 o 15, oppure attraverso la metropolita di Romolo che dista circa 10 minuti a piedi se non si vuole prendere la linea di autobus 90-91.
Parlare di questo vino è come mettersi in viaggio e veder scorrere un bel panorama dal finestrino. La partenza è in Val di Non, Trentino, nel vigneto di Coredo particella 209. Siamo a oltre 800 m di altitudine su suoli prevalentemente composti da dolomia dove, su 1000 mq., sono allevate ad alberello le viti di Johanniter. Una varietà resistente alle malattie fungine che resiste molto bene anche al freddo.
È la prima vendemmia, dell’ottobre 2013, svoltasi sotto una nevicata, ad aver dato il nome a questo vino della neve. Nel calice ho l’annata 2017, un vino cristallino e molto profumato che trasmette il suo carattere alpino, di fiori bianchi ed erbe aromatiche. Mi porta oltre, a note terziarie che ricordano la parentela con il Riesling. L’assaggio è strepitoso, freschezza e acidità introducono un susseguirsi di aromi retronasali, un ricordo di mentuccia ed erba tagliata che passa all’agrumato citrino e arriva alla polpa di mela. Il sorso è accompagnato da una sensazione setosa di estrema eleganza, una carezza che lascia infine spazio alla sapidità e alla voglia immediata di ripetere il sorso. Wow! Dal finestrino vedo il sole accecante riflettersi sulla neve, sento l’aria pulita e frizzante.
Ora capisco il valore di questo vino e sono felice d’aver assaggiato la bottiglia nr. 306 delle 518 prodotte. Il senso di Nicola per il vino è davvero grande. Questo Vin de la Neu è uno dei migliori vini bianchi assaggiati, uno Johanniter che se dovessi valutare con un punteggio classificherei oltre i 95 punti. Le uve fermentano e affinano in barrique per 11 mesi. Fare un grande bianco che passa in legno non è da tutti, Nicola dimostra grande capacità e precisione. Il Vin de la Neu si distingue per l’armonia delle componenti e per la piacevolezza che se ne trae degustandolo. La persistenza è lunga e sempre elegante, sfuma lasciandoti la sensazione di un grande vino, come l’uscita di scena di una diva tra gli applausi che subito dopo è richiamata al palco dalle richieste di Bis. Il volume alcolico è del 12,5%. Questa bottiglia finirà molto prima di quello che vorrei.
Milano 16 gennaio 2021 Ho infranto la zona rossa con un grande bianco
Vin de la neu di Nicola Biasi, Via San Romedio 8 Fr. Coredo, Predaia (TN) – sito web
Vista dalla città la montagna è un miraggio, irraggiungibile in questo periodo.
È lei ad arrivare da me, sotto vetro, con il nome antico di Edolo e la sagoma dell’Adamello impressi in etichetta.
È l’Idòl, quello ufficiale, annata 2019, prima produzione commercializzata della Cooperativa Alpi dell’Adamello. Una realtà che ha puntato in modo esclusivo, e direi con successo, sulle varietà resistenti (PIWI*). Un bel esempio di sviluppo sostenibile e di inclusione. I vigneti sono coltivati tra i 700 e i 900 m/slm, su suoli di origine morenica con presenza di rocce scistose.
La varietà utilizzata in questo bianco fermo è il Solaris, un incrocio che oltre a resistere alle malattie fungine resiste bene anche al freddo (lo coltivano anche in Svezia). Resistenza alle malattie significa fare il minor numero di trattamenti in vigna e vini più sani in bottiglia.
Vediamo ora cosa racconta nel bicchiere. Si presenta scintillante, come cristalli di neve sotto il primo sole. La bottiglia è passata dalla cantina alla terrazza e l’ho stappata a circa 7°. Il profumo è elegante e gioioso, di aromi che ricordano i fiori bianchi e il fruttato di pesca, profumi freschissimi come si direbbe del pesce dagli occhi brillanti messo sul bancone. Pescato fresco, ma qui siamo in montagna ed è piuttosto un “appena colto”, dell’annata 2019. All’assaggio entra come un ruscello tra le rocce, ricco di mineralità. Esplode in bocca diffondendo gli aromi su tutta la cavità. Quando si deglutisce arrivano nuove note retronasali, vegetali, di erbe aromatiche come il timo e la salvia. Il fruttato si estende arrivando a contemplare note di frutta esotica. Si percepisce una bella sapidità sulla punta della lingua, la fragranza del frutto rimane a lungo e la chiusura è fresca e invitante al nuovo sorso.
Ho assaggiato diversi Solaris e in questo Idòl trovo un’espressione unica e caratteristica di questa zona. Lo so che il termine mineralità è abusato e mal tollerato da molti ma questo vino ne è una dimostrazione concreta. Se volete testare di persona, vi invito a contattare il produttore per vedere dove poter trovare una delle 1305 bottiglie prodotte. È passato almeno un minuto e sento ancora la lingua che frizza e un bel frutto tra le guance.
Oltre alla piacevolezza (che mi ha fatto versare oltre mezza bottiglia per questa degustazione), voglio segnalare il terroir della Valcamonica come uno tra i più interessanti da scoprire.
Il volume alcolico è del 13%, inizio a sentirlo, meglio metterci sopra qualcosa, proverò l’ossobuco alla milanese, un concentrato di morbidezze che troverà sicuramente nell’Idòl il miglior antagonista.
Il tramonto su Milano non sarà come quello sul mare o sulle montagne Valtellinesi ma ha comunque il suo fascino, soprattutto se arriva dopo giorni di nebbioni. L’ultimo sole fa brillare i toni aranciati del Vagabondo nel calice. Sentendone i profumi gioisco per trovarmi di fronte ad un vino che già all’olfatto racconta una storia.
Si apre su note di moscato e fiori bianchi, ricordi da “vino passito” di albicocca e canditi. Le uve bianche da varietà di Riesling (15 diversi cloni) e di Moscato (Piwi), macerano sulle bucce per oltre tre mesi, in anfora. Fermenta naturalmente con i lieviti presenti sugli acini e in cantina, svolge la malolattica e non viene filtrato.
All cieca, dopo aver sentito i profumi, ti aspetteresti un vino dolce, ed eccolo invece secco e fresco con una punta amarotica e speziata. Si percepisce in contemporanea una presenza tannica astringente e una sensazione burrosa accompagnata con armonia da una vena sapida e minerale.
Il produttore è Marcel Zanolari di Bianzone (SO), in Valtellina. Opera una viticoltura biologica e biodinamica certificata.
Nel frattempo ho apprezzato il retrogusto che rimanda alle note del moscato, uva spina, rosa… È ancora in bocca, con una persistenza infinita. Si scioglie sui sentori dolci dell’olfatto e, come su una giostra che ha terminato il giro, non vedi l’ora di farne un’altro per quanto ti sei divertito.
In qualche modo quella struttura potente ma elegante che caratterizza i rossi di Chiavennasca (Nebbiolo delle Alpi) la si ritrova anche in questo Vagabondo, degna espressione in bianco del territorio Valtellinese.
Casa vinicola Marcel Zanolari di C.V.L.T. , Via Teglio 6/10, Bianzone (SO) – sito
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