Dipende che Vino

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Live Wine 2018

Come assaggiare oltre 35 vini e restare umani

  • Prima regola, non avere fretta, il vino si guarda, si annusa e si gusta in minima quantità, un sorso o due, lo finisci solo se davvero ne vale la pena.
  • Seconda regola, devi avere tempo, io ho avuto 4 ore a disposizione.
  • Terza regola, prendersi delle pause, mangiare qualcosa, chiacchierare e lasciare che il bevuto venga digerito.
  • Quarta regola, vai in ordine di intensità/corpo del vino, bollicine, bianchi, rossi, passiti.
  • Quinta regola, cerca di conoscere i tuoi limiti, 10 assaggi possono bastare o magari 50, solo tu sai quando è giusto smettere.

Resta comunque il problema delle papille gustative che si affaticano, la percezione cala proporzionalmente al numero di assaggi, in contrapposizione c’è da dire che questi eventi sono anche una festa per gli amanti del vino e non c’è niente di male se a un certo punto smetti di fare valutazioni tecniche e ti gusti questo nettare per puro piacere.

Cronaca della maratona: Ho iniziato gli assaggi con due Cremant Francesi (spumanti prodotti al di fuori della zona della Champagne, con un pressione inferiore, risultano più morbidi e meno complessi), delle regioni dello Jura e dell’Alsazia. Piacevoli ma subito dopo avevo nel calice due Champagne Bonnet-Ponson della Montagne de Réims che li surclassavano, per struttura, persistenza e finezza. Adoro le bollicine, e in Champagne sono maestri nel farle. Sapevo della presenza di Legret et Fils che conosco come etichetta dall’enolaboratorio Champagne di un paio di anni fa a Monza con Onav, mi è tornata la voglia del loro Rosé de Saignée, ma prima ho assaggiato il Blanc de Blanc (solo uve Chardonnay) e poi il Saignée che ha una breve macerazione sulle bucce, entrambi degli ottimi Champagne, il Rosé però è unico, da provare se non lo avete ancora fatto.

Mentre decidevo su quale banco andare ho incontrato gli amici Sommelier del mio corso Ais, Sasha e Ottavio così abbiamo iniziato a degustare insieme, che è la cosa migliore, ci si confronta cercando di individuare gli aromi e le qualità dei singoli vini per poi darne un giudizio complessivo che non sempre è concorde ma questo è il bello di degustare, si possono avere pareri diversi, ci sono aspetti oggettivi che possono essere discussi ed aspetti soggettivi che dipendono dal proprio gusto.

Insieme abbiamo quindi proseguito con i bianchi, prima un Veltliner della Repubblica Ceca che però non ha entusismato nessuno poi il trittico Terraquilia (Emilia Romagna) di vini da uve Grechetto (Pignoletto) prodotti con metodo Ancestrale (fermentazione innescata da lieviti indigeni presenti sulla buccia che viene bloccata ad un determinato grado zuccherino per poter imbottigliare, la fermentazione riprende e termina in bottiglia), il primo era velato con una leggera effervescenza, il secondo più spiccata e il terzo uno spumante, ad accomunarli un frutto fresco che a me ricordava la mela. All’unanimità il secondo e il terzo i migliori.

Ed eccoci in Abruzzo da Emidio Pepe alla ricerca del suo famoso Pecorino che però non c’era, l’Azienda presentava un ottimo Trebbiano d’Abruzzo (ne vorrei una cassa in cantina per quanto mi è piaciuto), poi visto che ci era rimasta questa voglia di Pecorino ci siamo spostati da Paolini Stanford dove abbiamo potuto assaggiare la loro versione e un Incrocio Bruni 54 che abbiamo apprezzato per la sua particolarità, simpatici e molto disponibili a spiegarci le loro vinificazioni ci hanno poi fatto assaggiare un loro primo esperimento di spumantizzazione ancestrale di Incrocio Bruni da una bottiglia senza etichetta, interessante inizio, spero di vederlo realizzato l’anno prossimo, comunque complimenti per la qualità e la passione.

Adesso si va in Friuli da Dario Prinčič, all’assaggio di Pinot Grigio con macerazione sulle bucce di 8 giorni, si potrebbe classificare come Orange wine, bel colore ramato luminoso, poi il Jakot (Friulano) con oltre 20 giorni di macerazione sulle bucce, si presenta di un bel giallo paglierino dorato e notevole consistenza, Bianco Trebež è il terzo, blend di Chardonnay, Pinot Grigio e Sauvignon ha un bel colore giallo ambrato. In tutti e tre i casi ci troviamo di fronte a vini molto strutturati e pomposi, ricchi di aromi, complessità ed eleganza, direi vini più da meditazione che da pasto o perlomeno bisogna saperci abbinare qualcosa di altrettanto strutturato ed aromatico.

Rimanendo nel Collio, da I Clivi di Ferdinando e Mario Zanusso degustiamo il Friulano (Clivi Brazan 2015) in quella che consideriamo un’interpretazione più classica, personalmente è quella che preferisco, poi il loro Verduzzo Friulano che è stata una bella sorpresa per la sua aromaticità e freschezza.

A questo punto concordiamo che sia il momento di passare ai ‘rossi’ e la prima scelta è per la Tintilia di Vinica (Molise), al suo banco troviamo un’accoglienza informale, ci lasciamo convincere ad assaggiare anche i loro bianchi Sauvignon e Riesling, pur mantenendo caratteristiche tipiche dei vitigni sono però molto differenti dalle espressioni di regioni più a nord o ad esempio dei Riesling della Mosella, interessanti ma dopo la struttura dei Friulano è più difficile apprezzarli fino in fondo. “Dai facci assaggiare la Tintilia”, però c’è anche il Pinot nero, ok proviamo, colore scarico tipico e frutto rosso fresco, bella acidità che chiama la beva, anche questo lo vorrei in cantina, di quei vini che ne berresti a secchiate. E finalmente la Tintilia Vigne del Sorbo che assaggiamo in due annate, credo 2013 e 2011 ma sinceramente non mi ricordo, la prima si sente che è più esuberante con tannini ancora da domare mentre la seconda è perfetta, avvolgente e morbida, equilibrata ed armonica, di questa farei l’abbonamento.

Un salto in Calabria da ‘A Vita’ e il suo Cirò, qui grande speziatura che ti fa immaginare fantastici abbinamenti con i cibi speziati e le piccantezze calabresi. Percorriamo più di 1000 km in pochi passi per trovarci di fronte ai Baroli di Principiano Ferdinando, dopo l’allegria che mi sembra di percepire negli aromi dei rossi del sud ci troviamo di fronte all’austerità del Nebbiolo, il primo all’assaggio è il 2014, già bevibile ma ancora ruvido nei tannini mentre il 2011 è di grande eleganza, io me lo vedo sulla tovaglia bianca della domenica con i tovaglioli ricamati e ricche portate ad esaltarlo, e questo non lo vuoi mettere in Cantina?

Qualcosa dalla Francia, Côtes du Rhône nel Domaine du Petit Oratoire, assaggiamo vari blend tutti fatti bene e ottimi al gusto, purtroppo non li ho fotografati tutti, quello nell’immagine Les Lauzes Blanches è un blend di syrah, grenache, carignan e mourvèdre mi è sembrato il migliore, in generale questo banco ci ha fatto meditare sulla capacità di fare grandi vini che hanno i francesi, avessi un carrello  ne infilerei subito dentro un paio di bottiglie. Tra l’altro la maggioranza dei banchi fa anche la vendita ma in questo momento non ho voglia di portarmi in giro bottiglie. A questo punto siamo tutti ormai agli sgoccioli come capacità degustative, Ottavio ci lascia mentre io e Sasha sentiamo il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, facciamo visita ai banchi alimentari e dopo un assaggio di baccalà vicentino acquistiamo a caro prezzo una bruschetta burro e acciuga (4€) ed una di crema di baccalà spalmata (8€), non posso che dire una ‘ladrata’, ripensandoci dopo avrei dovuto rispondergli in veneto ‘eh che sboro!’. L’aspetto positivo è che ci è tornata voglia di bere, devo mandare già quest’acciuga che mi si è fermata in gola. Ci fermiamo da un distributore che insiste per farci assaggiare più vini possibili tra quelli selezionati dal figlio, ottime selezioni, il primo ci riporta nel Collio quello Sloveno da Stekar e il suo Pinot Draga (Pinot Grigio), non filtrato, sapidità caratteristica della zona e complessità, l’acciuga è scesa. Sempre dalla Slovenia Brandulin Jordano, un Tocaj friulano di cui però non ricordo granché così come del Domaine de la Cras Marc Soyard, Bourgogne 2016 da uve Chardonnay, ultimo un Pinot noir dell’Alsazia che però ricordo essere stato di gran livello, sorry ma iniziavo ad essere stanco. Dai basta, si va a casa che ormai sono le sette, ci salutiamo ma intravedo a poca distanza un’altro amico, Tommaso (compagno di corso in Onav), ci salutiamo e aggiorniamo sulle rispettive degustazioni e mi convince a bere qualcosa insieme a sua moglie che lo accompagna, penso a cosa avrei rimpianto di non aver assaggiato ed è il Sauternes così lo proviamo tutti insieme e ci ritrovo quello zafferano che lo caratterizza, è ottimo, ha una bella freschezza, non è opulento come altri che ho bevuto e l’azione della muffa nobile non lo ha caricato troppo di aromi vicini agli idrocarburi. Ora basta, no dai, insiste Tommaso e allora chiudiamo veramente bene così come iniziato, si torna da Legret et Fils dove magicamente il rappresentante del banco fa comparire un rosè che non c’era all’inizio, un Brut magnifico, prima, dopo, durante, per lo Champagne è sempre il momento giusto.

Buon vino a Livewine 2018 e grazie a Sasha, Ottavio e Tommaso per la compagnia e le degustazioni fatte insieme.

Luca Gonzato

Sherry Fino

Lo Sherry

È un tipico vino spagnolo ‘fortificato’ al quale viene aggiunto dell’alcol alla fine delle fermentazioni (il volume di alcol sopra il 15% impedisce che continuino o si inneschino altre fermentazioni). Viene prodotto nella zona di Jerez de la Frontera, in Spagna, all’incirca in quella parte di terra che affacciandosi sul golfo divide la Spagna dal Portogallo.

Questo che assaggio è fatto da sole uve Palomino nella versione Fino e secco, affinato 5 anni, altre tipologie di Sherry utilizzano anche uve Pedro Ximènez e Moscatel; viene affinato con il metodo Soleras (botti sovrapposte e collegate tra loro dove ogni anno si aggiunge il nuovo vino a quelle sopra (criaderas) e da quelle più in basso (solera) si preleva per l’imbottigliamento. Esistono altre tipologie di Sherry che in base alle uve, all’affinamento e all’azione dei lieviti Flor (che stanno in superficie) decretano le denominazioni Manzanilla, Amontillado, Oloroso, Palo Cortado e Pedro Ximénez.

Sherry Pando Fino Williams & Humbert

Tolto dal frigorifero, ha una temperatura di 11°. Profumo intenso di frutta passita e candita che però mantiene caratteristiche di freschezza, aromi terziari di alcoli evoluti, nota dolce di mandorla, mi ricorda il Marsala e il Passito di Pantelleria. Al gusto è secco con una bellissima acidità/freschezza che lascia il posto ad aromi legati al legno, sottobosco, carbonella e leggera sensazione polverosa sulla lingua, è caldo con il suo 15% di volume alcol. Mi piace questa combinazione di freschezza e potenza alcolica. Un spalmata di Gorgonzola su una fetta di pane sarebbe perfetta in questo momento come abbinamento, ma non ce l’ho e mi accontento di sgranocchiare insieme della frutta secca che circola in casa dalle feste di Natale, buon modo per finirla. Cos’altro dire, non sono un consumatore abituale di vini fortificati ma ogni tanto ci può stare, questo lo vedo bene anche come aperitivo alternativo nelle sere d’estate, senza esagerare però, perchè i suoi 15° di Vol. si sentono tutti. La prossima volta proverò un Sherry di quelli più strutturati ed evoluti.

Luca Gonzato

Vini dalla Nuova Zelanda

Sauvignon Blanc e Pinot Noir della Cantina Urlar

18670, i chilometri percorsi da queste bottiglie, un orrore per i devoti del “chilometro zero”, un piacere per chi, come me, ha  la curiosità di assaggiare i vini prodotti dagli ‘altri’. Sono partite da Gladstone, nel distretto di Martinborough, nella parte sud dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda dove si trova la Cantina Urlar (in gaelico significa mondo), probabilmente il posto più lontano dall’Italia in cui si produce vino. Ho scelto di assaggiare i due vini più rinomati di questo Stato, il Sauvignon Blanc e il Pinot Noir, la scelta della Cantina si è basata su una ricerca online di prodotti disponibili all’acquisto che poi si è ristretta ad aziende in agricoltura biologica, Urlar mi è parsa una buona scelta, vedremo se all’assaggio confermerà le aspettative.

Qualcosa sulla Nuova Zelanda: ha perlopiù terreni argilloso-vulcanici e un clima simile a quello dell’Italia del nord con però forti escursioni termiche. Cercando online qualche informazione interessante è saltato fuori il Sig. Romeo Bragato, un nome che suona tanto di italiano, in realtà era originario dell’isola di Losinj, ora Croata ma all’epoca sotto il dominio Austriaco. È grazie a lui se i vini in Australia e Nuova Zelanda sono potuti migliorare ed arrivare a competere nei mercati internazionali. Bragato ha comunque molto di italiano, avendo studiato enologia alla Regia Scuola di Conegliano nel 1883, spostatosi poi in Australia e nel 1895 chiamato in Nuova Zelanda dal governo per sviluppare il settore vinicolo, ha individuato le zone più vocate e formato i distretti del vino, insegnato la coltivazione di vitigni nobili impiantati su ‘piede’ di vite americana resistente alla terribile Fillossera che all’epoca imperversava nel mondo. A suo nome è dedicato il Bragato Wine Awards che si celebra ogni anno.

Tornando alle bottiglie, entrambe hanno il tappo a vite, io non lo amo ma capisco la necessità di un mercato diverso dal nostro nel quale aprire la bottiglia e finirla in più giorni è la normalità e la necessità di aprire e chiudere facilmente, insomma è pratico e poi c’è da dire che i vini si mantengono perfettamente, mi resta però la curiosità di sapere come sarebbero se evoluti con il tappo in sughero.

All’assaggio:

Sauvignon Blanc Urlar 2015 Complessità olfattiva di fiori bianchi, foglia di pomodoro, fieno, ananas, in bocca ha una bella acidità che chiama la beva, si sente un frutto carnoso, di ananas, pesca bianca, leggera nota burrosa, frutto fresco nel finale in una buona persistenza. Amichevole ed elegante.

Pinot Noir Urlar 2014 Rubino tendente al granato, consistente, frutti rossi macerati, aromi terziari del legno, cuoio, mi ricorda anche la carruba che annusavo sul banco degli aromi nei corsi Ais, e il caffè. In bocca è morbido e caldo con tannini delicati, un pinot nero abbastanza complesso e persistente, forse mi aspettavo più corpo, è comunque un bel Pinot Noir, più lo assaggio e più mi piace.

In sintesi due bei vini da questa Cantina, hanno confermato le aspettative e chissà, magari un giorno avrò il piacere di percorrere questi 18670 km e degustare le nuove annate direttamente a Gladstone.

Luca Gonzato

Montefalco Sagrantino DOCG

Bastardo, è il nome del paese a pochi chilometri da Montefalco dove circa 20 anni fa conobbi il Sagrantino, l’occasione era la ‘Maialata’ una Sagra dove poter gustare il maiale in ogni sua parte, perchè come si dice ‘del maiale non si butta via niente’, figurati a 30 anni, con gli amici tutti assetati e affamati quale occasione imperdibile si era presentata, evvai di Montefalco Rosso (un blend di Sangiovese dal 60 al 70%, Sagrantino dal 10 al 15% e altri vitigni a bacca rossa per un massimo del 30%), quante risate e che bella gente gli Umbri. Il clou è stato a una cena di quel weekend dove è comparso sulla tavola il Sagrantino (100% uva Sagrantino), non lo conoscevo e caspita mi sembrava la cosa più buona mai bevuta. Questo ricordo mi torna ogni volta che apro un Sagrantino, tornano i sorrisi degli amici e il clima di festa, è un gran vino, per festeggiare qualcosa, sia anche la fine della settimana lavorativa o la visita di un amico che non vediamo da tempo, da ammirare e sorseggiare ringraziando quel monaco pellegrino devoto di S. Francesco che, si presume, abbia lasciato le prime barbatelle nella zona, documenti storici ne attestano l’esistenza del vitigno già dal 1572.

Sono 5 le località che possono produrre il Montefalco Sagrantino: Montefalco, Gualdo Cattaneo e parti dei Comuni di Bevagna, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria, tutti in provincia di Perugia. Non è chiara l’origine del nome ma sembra derivi dal fatto che venisse usato in cerimonie sacre o durante le sagre. Il Montefalco Sagrantino in versione secca è in realtà un vino ‘recente’, che venne prodotto per la prima volta nel 1972, prima era solo in versione dolce Passito. È un vino ricco di Polifenoli con Tannini che necessitano di un discreto periodo di affinamento, potete lasciarlo in cantina anche 20 anni e ritrovarlo al massimo della sua evoluzione.

Quasi in concomitanza con la presentazione a Montefalco dell’annata 2014 io celebro oggi quella del 2010 nella versione di Terre de la Custodia, azienda storica con vigneti a Montefalco e Gualdo Cattaneo. Fermentato in acciaio per una decina di giorni resta poi sulle bucce un’altra settimana, affinato un anno in barrique poi in bottiglia, non una bottiglia qualunque ma la loro bottiglia brevettata, sintesi perfetta di utilità e praticità. Ha due incavi nella parte inferiore, fronte e retro, quello frontale serve a creare uno spazio che impedisce la formazione di bolle d’aria che durante la mescita possano movimentare il residuo che si è creato nel fondo ed esternamente diventa punto di presa per il pollice, quello posteriore, lineare, funge da barriera che trattiene i residui all’interno, sul fondo, quando la bottiglia è inclinata, è anche punto di presa sicura per l’indice piegato che tiene la bottiglia sul retro.

Montefalco Sagrantino 2010 Terre de la Custodia

Note di degustazione: Rosso rubino intenso tendente al granato, consistente nel bicchiere. Al naso è molto intenso con profumi di ciliegia e note di sottobosco, legni pregiati e cuoio, al gusto è puro piacere, il frutto è carnoso, di amarene e ciliegie, morbido, tannini significativi ma ben evoluti, bella acidità e sapidità a bilanciare tanta morbidezza alcolica, rimane in bocca almeno 20 secondi in un splendido gioco di aromi che lentamente si allontanano lasciandoti il ricordo di qualcosa di molto piacevole. L’abbinamento richiede piatti succulenti, carni grasse, brasati, io l’ho abbinato ad un risotto allo zafferano ed era armonico, con l’arrosto di manzo il vino era predominante ma non mi è dispiaciuto per niente che lo fosse. Se vuoi provarlo, il 2010 costa 25/30 euro mentre l’annata 2011 si trova a 16,50 direttamente nello shop online dell’Azienda.

Luca Gonzato

Vini di Valtellina

Tutte le DOCG di Valtellina Superiore e Sforzato, i loro produttori e la posizione dei vigneti

Ancora il Nebbiolo in purezza, chiamato però Chiavennasca in Valtellina, siamo a poca distanza da Milano, se non ci fossero però le alpi orobiche a dividerci  e una strada tortuosa per raggiungerla (leggi, stai in colonna). I vigneti si estendono fino ai 600m delle Alpi Retiche nel versante soleggiato che segue il corso del fiume Adda lungo la vallata, qui come in Valle d’Aosta o in Liguria si pratica una viticoltura ‘eroica’, quasi tutto è fatto a mano sia per le pendenze dei vigneti che per la dimensione degli stessi che sono spesso dei piccolissimi appezzamenti sparsi qua e la sul crinale fino ai 600m  d’altezza.

Maroggia

Oltre al Chiavennasca sono coltivate altre tipologie di uve come la Rossola, la Pignola valtellinese e la Brugnola. Le 5 DOCG di Valtellina Superiore con menzione di sottozona sono Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella, si susseguono da Berbenno a Tirano, ogni zona dona al vino caratteristiche diverse sia per quanto riguarda la composizione del suolo che per l’esposizione. Quelli di Maroggia hanno una spiccata acidità, Sassella più equilibrati ed eleganti, nel Grumello si evidenziano morbidezza e longevità, quelli di Inferno sono i più strutturati e tannici mentre in Valgella troviamo quelli con struttura e complessità più contenuta. La valle si percorre in poco tempo sulla statale, ma se provi a fare la strada dei vini allora tutto si complica, le vie sono strette e spesso ti trovi ad attraversare paesi dove se incroci un’auto in senso contrario inizi ad imprecare, l’ideale sarebbe andarci in moto o in bicicletta se hai buone gambe per affrontare le salite e potersi così godere il passaggio di queste vigne storiche. Ho assaggiato diversi V. Superiore e qualche Sforzato e sono convinto che meriterebbero una ben più alta notorietà nel panorama dei vini Italiani. Gli aromi caratteristici Del V. Superiore sono quelli della frutta rossa in confettura, le spezie, il cuoio. Il colore tende velocemente verso il rosso granato tipico del Nebbiolo. Lo Sforzato o Sfursat è prodotto in modo similare all’Amarone veneto, le uve vengono appassite per 3 mesi in fruttai, ne risulta un vino di notevole corpo e volume alcolico, difficile da abbinare se non con qualcosa di altrettanto strutturato. Come l’Amarone, lo Sforzato è impegnativo da bere, io preferisco degustarne un pochino da solo, invece il V. Superiore, pur essendo comunque un gran vino, lo apprezzo di più in generale e particolarmente in abbinamento al cibo, pensando alle tipicità valtellinesi è perfetto con un formaggio Bitto Storico, i Pizzoccheri o gli Sciatt.

Le Aziende che ho catalogato nell’Infografica sono 38, alcune hanno proprietà suddivise in più sottozone ed altre invece hanno produzioni più contenute e pochi ettari coltivati, alcuni fanno solo il V. Superiore o solo lo Sforzato ed altri invece hanno molteplici versioni. Tutto questo così la prossima volta che vai in Valtellina e ti trovi al ristorante  in imbarazzo di fronte ad una lista infinita di Valtellina Superiore puoi sempre riaprire questo post e decidere quale zona o Cantina si abbina meglio al tuo gusto.

Di seguito l’elenco delle Cantine e alcuni riferimenti. I nomi dei vini che ogni Cantina produce li puoi vedere sull’Infografica o visitare il sito web del produttore.

Assoviuno (Maroggia) – www.assoviuno.com

Arpepe (Sassella, Grumello, Inferno) – www.arpepe.com

Balgera (Valgella) – no website

Barbacàn (Valgella) – www.barbacan.it

Bettini (Sassella, Grumello, Inferno, Valgella) – www.vinibettini.it

Cà Bianche (Baruffini località Cà Bianche) www.cabianche.it

Cantina Castel Grumello (Grumello) – www.cantinacastelgrumello.it

Cantina Menegola (Sassella) – www.cantinamenegola.it

Caven Camuna, Nera (Sassella, Inferno) – www.cavencamuna.it

Contadi Gasparotti (Comune di Tirano) – www.contadigasparotti.it

Dirupi (sopra Sondrio) – www.dirupi.com

Luca Faccinelli (Grumello) – www.lucafaccinelli.it

Socità Agricola Fay (Sassella, Valgella) – www.vinifay.it

Fondazione Fojanini (Sassella) – http://fondazionefojanini.provincia.so.it

Renato Folini (Valgella) – www.renatodoc.it

Fruviver – (tra Tirano e Baruffini) – www.fruviver.it

Giorgio Gianatti (Grumello) – no website

La Perla (Valgella) – www.vini-laperla.com/it/

Le Strie (Sassella, Valgella) – www.lestrie.it

Bruno Leusciatti (Sassella) – http://cantinaleusciatti.it

Alberto Marsetti (Grumello) – www.marsetti.it

Cantina Menegola (Sassella) – www.cantinamenegola.it

Alfio Mozzi (Sassella) – no website

Nobili Nicola (Sassella, Inferno) – www.vininobili.it

Nino Negri (Sassella, Grumello, Inferno, Valgella) – www.ninonegri.net

Plozza (Sassella, Grumello, Inferno) – www.plozza.com

Mamete Prevostini (Sassella, Grumello, Inferno) – www.mameteprevostini.com

Aldo Rainoldi (Sassella, Grumello, Inferno) – www.rainoldi.com

Rivetti & Lauro (Sassella, Inferno, Valgella) – www.rivettielauro.it

Rupi del Nebbiolo (Sassella, Grumello, Inferno) – www.rupidelnebbiolo.com

Azienda tenuta Scerscé (Teglio, Tirano) – www.tenutascersce.it

Pietro Selva (Sassella) – no website

Sesterzio (Maroggia) – www.cantinasesterzio.it

Conti Sertoli Salis (Tirano) – www.sertolisalis.com

Terrazzi Alti (Sassella) – www.terrazzialti.com

Triacca (Sassella, Grumello, Inferno) – www.triaccavini.eu

Cooperativa Agricola Triasso e Sassella (Sassella) – www.cooptriasso.it

Vini dei Giop (Villa di Tirano) – no website

Marcel Zanolari (Bianzone) – www.marcelzanolari.com

Due DOCG assaggiate tempo fa e che possono in qualche modo rappresentare le produzioni della zona.

Valtellina Superiore Inferno Riserva 2009 Caven Al Carmine: Consistente, intenso, complesso, fine, frutta e fiori evoluti, speziato, tostato, caldo morbido, equilibrato, di corpo, tannico, sapido, persistente.

Sfursat di Valtellina Fruttaio Cà Rizzieri 2013 Rainoldi: Grande intensità e complessità, frutta rossa matura passita, viola, speziato, tostato, caldo, abbastanza morbido ed equilibrato, robusto, abbastanza fresco, tannico, sapido, intenso, persistente. Ideale abbinamento con brasato di capriolo.

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