Riflessioni e buon vino

Il vino non è mai uguale, ogni annata è una storia ed ogni bottiglia un paragrafo che ce la racconta.

Ieri sono stato in visita alla Cantina La Stoppa, situata in Val Trebbiola nella Provincia di Piacenza. Era uno degli appuntamenti “in vigna” del master Ais. È stata anche l’occasione per assaggiare i vini della zona e fare una chiacchierata collettiva sui diversi approcci al vino che coinvolgono produttori e consumatori. In sintesi ne é venuto fuori che da una parte esistono produttori che inseguono il mercato creando vini omologati ad un gusto collettivo, voluto e pianificato dai maggiori player del mercato e consumatori che pensano solo a spendere poco ignorando cosa introducono nel proprio corpo. Dall’altra parte ci sono produttori attenti a mettere in bottiglia l’espressione più sana ed autentica del proprio territorio insieme a consumatori più consapevoli sulle differenze. Ovviamente c’è l’aspetto economico anche in questa situazione ma non sta alla base della ‘mission’ aziendale. Anche il consumatore attento vuole risparmiare ma lo fa in modo diverso, a parità di budget sceglie ad esempio una buona bottiglia a settimana piuttosto che tre mediocri. 

Il modo di far vino della cantina La Stoppa (certificata Biologica) non cavalca mode e nemmeno vuole essere portabandiera di vini ‘naturali’. Rivendica la libertà di ognuno di operare nel modo più adatto per ottenere un vino sano e capace di trasmettere il terroir nel migliore dei modi. Come dice Elena Pantaleoni, titolare dell’azienda, “non siamo noi a dover dimostrare di fare un vino naturale, cosa che si fa da millenni. Devono essere gli altri, quelli che usano prodotti sistemici in vigna e costruiscono il vino in cantina con ogni tipo di additivo a dover dichiarare che usano questi metodi che di naturale non hanno niente”. Ed è proprio così, fai due più due e questo semplice ed illuminante concetto lo puoi trasferire su ogni prodotto alimentare che trovi nei supermercati. Prodotti costruiti, come le mozzarelle insapore, i formaggi senza odore i polli e le loro uova anemiche… C’è ben poco di naturale in questi alimenti che però rispondono a domande create ad hoc e indotte al consumatore affinché arrivasse ad apprezzare e richiedere quell’omologazione. Succede anche nel vino, come ad esempio negli anni dei ‘barricati’ dove il legno era sopra a tutto, oppure pensiamo ai vini bianchi, semplici e sempre uguali a sé stessi, anno dopo anno con quegli aromi alla polverina gusto ananas e banana. Mi balena in mente l’immagine di consumatori zombie con il loro prosecchino da 3 euro gusto mela verde nel carrello…

Torniamo ai vini veri. Uno degli assaggi che mi ha emozionato e trasmesso un’idea specifica del come e del dove, è stato l’Ageno 2013 (90% Malvasia di Candia e restante 10% di Ortrugo e Trebbiano). Un bianco da uve storicamente legate al territorio, che ha fatto una macerazione sulle bucce di un mese (se vuoi pensa agli Orange Wine). Ha fermentato con lieviti autoctoni, non è stata aggiunta anidride solforosa ed ha affinato in bottiglia. Il colore è strepitoso, dal giallo miele all’aranciato ramato. I profumi mi ricordano l’albicocca, le spezie dolci, il ginger. In bocca è verticale, netto, dal sapore unico e caratteristico. Sentori di miele e resina, spezie che stuzzicano il palato. Secco e fermo ma ‘frizzante’ nella personalità. Scorre piacevole con la sua acidità e mineralità. Non è un vino omologato e nemmeno ricordo qualcosa di simile. È un vino che ti fa spalancare gli occhi e ti catapulta in un territorio di sapori veri ed unici. Da provare. È dedicato all’Avvocato Ageno, fondatore della cantina. Puoi azzardare abbinamenti con le cozze piuttosto che un formaggio erborinato. In questa stagione è sicuramente più apprezzabile da fresco ma è altrettanto interessante sentire come cambia nel bicchiere con l’alzarsi della temperatura. Ed infine lo puoi sorseggiare da solo godendoti il fresco che arriva dopo una giornata assolata.

Luca Gonzato