Categoria: vini rossi italiani

Barbaresco Nervo 2018, Cantina Vignaioli Pertinace

Nel mio quartiere ci sono diversi supermercati con un’offerta di vini abbastanza standardizzata. Non ci guardo spesso, è abbastanza raro che faccia degli acquisti in quanto prediligo la ricerca personale della cantina e l’acquisto alla fonte. C’è da dire poi che nei vini da supermercato ho spesso riscontrato produzioni anonime, omologate ad un gusto medio collettivo che non apprezzo. 

L’Esselunga, a mio parere, è forse l’unico supermercato con una selezione più ricercata. Quando mi capita d’andarci faccio sempre un passaggio alla corsia dei vini per curiosare. Oggi tra i rossi mi chiamava questo Barbaresco proveniente dalla zona di Treiso.

Non ho aspettato molto a casa per stapparlo, la pioggia e il grigiume del cielo richiedevano una reazione immediata. Ho preparato un aperitivo in rosso con focaccine e speck (tagliato sottile per favore). Poi diventato cena e dopocena with Barbaresco.

Eccolo, rosso granato brillante con riflessi rubino. Profuma di confetture di ciliegie e prugne, con sentori di sottobosco e vegetali d’erbe aromatiche + spezie. Un bouquet variegato e invitante nel complesso.

L’assaggio è vibrante, succoso, con un bel retrogusto fruttato fresco che sfuma su morbidezze alcoliche. Il tannino è ancora in fase di smussamento, richiederebbe un accompagnamento culinario sostenuto per dare il suo meglio. Il pollo arrosto dell’Esselunga è poca cosa rispetto ad una carne rossa ma questo c’è e quindi mi accontento. Va meglio con del formaggio Branzi stagionato e nel dopocena si accompagna discretamente anche con qualche pezzo di cioccolato fondente con nocciole.

Aldilà degli abbinamenti, l’eleganza e la struttura del Nebbiolo si percepiscono bene in questo Barbaresco proveniente dalla MGA Nervo del comune di Treiso.

Ha il 14,5% di volume alcolico, il che farebbe pensare ad un vino molto impegnativo nel sorso ed invece prevalgono le sensazioni fresche e fruttate. Ha una bella acidità che lo fa degustare senza difficoltà. Gustoso è l’aggettivo che meglio lo identifica. Complimenti ai soci della cooperativa di produttori. Il rapporto qualità/prezzo è eccellente, acquistato a circa metà prezzo rispetto alla media di un Barbaresco. Un vino realizzato per la grande distribuzione che mantiene la promessa qualitativa che ci si aspetta dalla DOCG.

Dolcetto di Ovada 1992, Duca Bortini di Montebello

È il 1° maggio, festa del lavoro e a Milano piove a dirotto. Cosa fare a parte mettere il concertone in sottofondo?, pesco una bottiglia vintage dalla cantina e faccio un video, così mostro anche come risolvere il problema della stappatura di una vecchia annata e il rischio di spezzare il tappo.

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Purtroppo non ho trovato informazioni sulla Cantina Duca Bortini di Montebello che credo sia stata acquisita da un’altro gruppo. In ogni modo questo Dolcetto di Ovada del 1992 è stato una gran bella sorpresa. Si è mantenuto in forma ed anzi si è evoluto in modo spettacolare.

Dopo aver realizzato il video sono passate un paio d’ore nelle quali si è ulteriormente aperto arrivando alla temperatura ambiente e ha regalato ulteriori qualità aromatiche di viole passite e cioccolato fondente. Anche la persistenza si è allungata lasciando comunque sensazioni fresche e minerali sulla lingua.

Quasi 30 anni per questo Dolcetto che sebbene abbia solo il 12% di volume alcolico mostra complessità ed eleganza. Grande grande vino con il quale augurare a tutti un futuro lavorativo garantito.

Bottiglia n. 1047 – 1992 – Duca Bortini di Montebello, Barolo.

Gotico 2016, Ciù Ciù

Piceno DOC Superiore – Biologico/vegano

Prendi un cestino e mettici dentro la confettura di ciliegie, le spezie di vaniglia e cacao, passa dal bosco e raccogli qualche muschio, poi sali in collina e accendi Spotify con Sananda Maitreya. Non sai chi è?, ricordi il brano Rain di Terence Trent d’Arby?, è la stessa persona solo che dal 2001 ha cambiato nome. Vive da anni a Milano, quest’anno è uscito un suo doppio album (Pandora’s PlayHouse) che è perfetto per accompagnare le note gustative del Gotico Ciù Ciù e la domenica.

No, non sono in collina, dalla terrazza vedo i palazzi dello Stadera, che se fossero colline vorrei fossero quelle di Offida. Ma mancherebbe il mare e l’Idroscalo è solo un lago artificiale, pista per idrovolanti. L’unico vero legame di questo vino sembra essere il colore rosso che a Milano significa stare a casa per il rischio contagi.

Il rosso Gotico è decisamente meglio, per il 70% di Montepulciano e il 30% di Sangiovese. Due varietà che insieme parlano dell’Italia, di macchia mediterranea e di vini naturali.

Nel Gotico di Ciù Ciù si apprezza la succosità e l’armonia associata ad un corpo robusto e caldo del 14% di volume alcolico. Dettagli che potrebbero essere sintetizzati in due aggettivi, espressivo ed emozionale. I tannini sono setosi e la persistenza è abbastanza lunga da farti immaginare una vacanza nel Piceno.

Da provare.

Casavecchia alla Piazza 2017, Chianti Classico, Buondonno

Le note di erbe balsamiche suonano in lontananza. Caldo e succoso spreme la ciliegia sulla lingua mentre intorno echeggiano note di tostatura in legno e spezie. Di corporatura robusta veste con eleganza i tratti tipici del Sangiovese.

Il gallo nero gonfia il petto e mostra un piumaggio rosso rubino splendente. I tannini sono la carezza di una piuma mentre intorno danzano le fragranze fruttate e le morbidezze alcoliche (14,5%). C’è armonia e potenza, ma anche la sensazione di storicità nella percezione di assaggiare un vino che senti arrivare da lontano.

Una tradizione vitivinicola evidenziata già dal 1549 nel Podere Casavecchia alla Piazza di Castellina in Chianti. Dal 1988 il Podere è di proprietà di Gabriele Buondonno che lo conduce in regime biologico certificato e biodinamico (Triple A), assicurando il giusto rispetto alla terra e la continuità di una tradizione secolare. Le uve sono coltivate sui 400 m/slm su terreno argillo-calcareo con abbondante scheletro pietroso. La vinificazione è con lieviti indigeni in acciaio e cemento a cui segue un anno di affinamento in legno e poi in bottiglia.

Il gallo nero di Casavecchia alla Piazza è in splendida forma.

Gattinara 2016, Caligaris Luca

Il Nebbiolo è una delle varietà più antiche che abbiamo, se ne trova notizia della sua presenza già dal 1266 vicino a Torino. È al vertice qualitativo dell’enologia insieme a pochi altri e riconosciuto nel mondo come simbolo di italianità. Sono famose le sue espressioni provenienti da Langhe, Roero e Alto Piemonte, così come quelle Valtellinesi e Valdostane. È una varietà “difficile” che si è adattata a pochi ambienti pedoclimatici e che anche in cantina richiede massima attenzione e lunghi affinamenti nelle versioni più celebri.

I recenti studi genetici hanno evidenziato la sua parentela con la Vespolina e il Bubbierasco (varietà piemontesi) ed individuato come suoi fratelli il Nebbiolo rosato, la Pignola e la Rossola nera (tipici della Valtellina). Tra i fratellastri del Nebbiolo troviamo altre varietà come ad esempio il Refosco e il Marzemino (1). 

Si esprime sempre in modo eccellente e parlando questa volta di un Nebbiolo dell’Alto Piemonte voglio ricordare le province di produzione: Vercelli, Biella, Novara e Verbano-Cusio-Ossola. Le denominazioni che riguardano questi terroir sono: Gattinara DOCG, Ghemme DOCG, Boca DOC, Bramaterra DOC, Lessona DOC, Fara DOC, Sizzano DOC, Coste della Sesia DOC, Colline Novaresi DOC e Valli Ossolane DOC.

Ognuna di queste è caratterizzata da suoli di composizione diversa, si va dai fondi alluvionali o marini a quelli vulcanici. 

Per quello che riguarda Gattinara, comune della Valsesia in provincia di Vercelli, i terreni sono duri e compatti con blocchi di porfido ocra-bruno ed uno strato superficiale friabile (2). 

Le uve del Gattinara 2016 di Luca Caligaris provengono dai vigneti nelle frazioni di Osso, Castelle e Lurghe. La vinificazione ha visto una fermentazione con lieviti indigeni e un affinamento di 38 mesi di cui 24 in botti di rovere. L’uvaggio ha un 5% di Uva Rara oltre al Nebbiolo (la DOCG consente fino al 10% di altre uve rosse regionali). 

Alla vista è particolarmente carico di colore con archetti ampi sulle pareti del calice (14% Vol.) I profumi che arrivano al naso sono intesi di quel fruttato tipico che mi riconduce alla prugna matura e al floreale di viola con sentori dolci di ciliegia e vaniglia. All’assaggio ci trovo una bella marasca su un letto morbido e vellutato di tannini già evoluti e desiderosi di affrontare qualcosa di succulento. La morbidezza alcolica scalda e accompagna a lungo gli aromi che evidenziano i terziari dell’affinamento in legno con note di cacao e speziate. Rotondo, si espande nel palato come onde sull’acqua dopo aver lanciato una sasso. Sensazioni minerali e ferrose. Lungo e sempre equilibrato. Gran bel Gattinara.

Se l’abbinamento con brasato e polenta risulta scontato consiglio di gustarselo anche da solo o al limite con un pezzo di cioccolato fondente. 

Prosit

Bibliografia: 

  1. 2020 – DNA-based genealogy reconstruction of Nebbiolo, Barbera and other ancient grapevine cultivars from northwestern Italy, Stefano Raimondi, Giorgio Tumino, Paola Ruffa, Paolo Boccacci, Giorgio Gambino Anna Schneider . https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32978486/
  2. Consorzio tutela Nebbioli Alto Piemonte
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