La temperatura scesa di un paio di gradi mi ha fatto venir voglia di stappare un rosso, un grande rosso. Centomani arriva dalle colline Pisane, le uve sono di Sangiovese al 100%. Al naso esprime complessità: more e ciliegie sotto spirito, cuoio, legno maturo, cioccolato, erbe officinali, note etere, canfora… sono tanti gli spunti olfattivi che offre.
Nel palato entra con eleganza, come una carezza sul velluto, l’acidità è viva ed equilibrata, lo lascia scorrere per poi lasciarsi sottomettere da sensazioni calde e avvolgenti. Ha il 14,5% di volume alcolico. Si percepisce il peso robusto sulla lingua. Quando arriva in fondo lascia aperte due strade, la prima indica un tannino gentile che vuole essere accompagnato da una pietanza adeguata, mentre la seconda prosegue in una persistenza aromatica di frutti rossi-neri macerati e fiori passiti.
La forza muscolare non è grezza ma bensì fine ed elegante. È un gran bel vino. La vinificazione è particolare, le uve sono diraspate a mano, l’uva rimane intatta e rilascia il succo poco a poco durante il processo di fermentazione. Affina due anni in tonneaux di rovere francese e un anno in bottiglia.
Centomani sono quelle che ti stringono in un caloroso abbraccio gustativo, raccontano di un vino fatto bene da Alberto bellini di Podere Panta Rei. Un vino rispettoso della natura e tanto tanto piacevole. Memorabile!
È un Bolgheri rosso Doc prodotto nell’unico comune della denominazione, Castagneto Carducci. Le uve sono di Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah e Petit Verdot. Vengono vinificate separatamente con fermentazione e macerazione in acciaio per circa 3 settimane. L’affinamento è di circa un anno in barrique e tonneaux nuove ed usate di media tostatura. Segue l’assemblaggio e il riposo in bottiglia per minimo 6 mesi prima della commercializzazione. Non è il vino di punta di Campo alle Comete, è quello che i francesi definirebbero “second vin”.
Stupore 2017 mostra un colore dal tono scuro, rubino/granato. Consistente, disegna lenti archetti nel calice. I profumi sono intensi, di piccoli frutti rossi e neri in confettura a cui seguono note balsamiche e speziate. Vaniglia, liquirizia. L’assaggio è succoso e tannico. Di corpo e caldo nella progressione. Ha il 14% di Vol.
In ingresso è vigoroso e fresco, poi si ammorbidisce lasciando una sensazione cremosa al palato ed una lunga persistenza aromatica.
Buono nel retrogusto, si confermano gli aromi e si evidenziano le note di tostatura facendo arrivare al retronasale quella sfumatura balsamica che dona eleganza al vino.
È un vino “completo“, risponde bene a tutti i parametri. L’assemblaggio è fatto con precisione per farsi apprezzare da un’ampio pubblico. Anche il rapporto qualità/prezzo è ottimo.
Il tannino consiglia qualcosa di grasso e succulento, Carne rossa, formaggi stagionati… l’ho degustato piacevolmente con un hamburger fatto in casa.
Come ultima osservazione voglio dire che la definizione “second vin” possiamo lasciarla ai francesi, merita una considerazione superiore.
La Toscana di Castagneto Carducci e la DOC Bolgheri mettono d’accordo tutta la famiglia nella scelta della vacanza. Mare, spiaggia, ottimi ristoranti e vini eccellenti, fanno di questa zona il luogo perfetto per rilassarsi e godere dei piaceri della vita.
Percorrere la strada provinciale Bolgherese e veder scorrere i nomi di rinomate cantine è emozionante. Salendo da San Guido con il suo Oratorio verso il Castello di Bolgheri si percorre la meravigliosa strada dei Cipressi decantata dal Carducci e diventata monumento nazionale. Quattromilanovecentosessantadue metri di lunghezza e duemilacinquecentoquaranta cipressi.
Vigne, uliveti e grandi pini marittimi dominano il paesaggio circostante, in lontananza i boschi sulle colline e la costa con le sue spiagge. Profumi di macchia mediterranea e una brezza che mitiga la calura estiva rendono questo terroir ideale per le vigne. I suoli sono di matrice argillosa e sabbiosa con un particolare scheletro Bolgherese di argille compatte dove le radici faticano a trovare spazio per raggiungere gli strati marini più profondi.
Bolgheri è famosa per i vini “supertuscan”, cioè quei vini rossi in stile Bordolese da uve di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot, in blend o in purezza. La denominazione consente anche Syrah e Sangiovese fino al 50% o altre varietà a bacca rossa che possono arrivare fino al 30% come ad esempio il Petit Verdot o il Teroldego che seppure in piccola percentuale ho trovato nell’ottimo rosso di Michele Satta.
Insomma grandi possibilità espressive del territorio a cui appartiene anche la celebre DOC Bolgheri Sassicaia.
Le grandi famiglie del vino sono tutte qui con i rinomati rossi Sassicaia, Ornellaia, Matarocchio, Grattamacco ecc. Ci vorrebbe un mese dedicato alle visite e soprattutto una programmazione e prenotazione anticipata. Scordatevi di chiamare e trovare disponibilità immediata o nell’arco di pochi giorni nelle cantine più famose.
Ho fatto visita alla Tenuta Guado al Tasso dei Marchesi Antinori, un marchio storico arrivato alla 27a generazione, indubbiamente un punto di riferimento qualitativo nel panorama vinicolo internazionale.
Giornata splendida, calda e ventilata. Ci permette di godere della vista sulle vigne che si perdono in lontananza fino ad arrivare all’Aurelia che separa le pinete e le spiagge della costa da questo primo entroterra. Cinque vini in assaggio partendo dal rosato e succulento Scalabrone da uve di Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. Poi il Vermentino con la sua bella acidità e sapidità che accompagnano i profumi aromatici di questo grande vitigno che è l’alfiere in bianco del territorio.
Segue il Bruciato, annata 2019, con la sua piacevolezza che lo ha reso famoso e accessibile ad una grande platea. Poi il Cont’Ugo 2019, un Merlot in purezza che è una bellissima scoperta. Succoso di frutti rossi maturi che mantiene una energica tensione e dinamicità nel palato. Anni luce lontano da quei piatti Merlot che si trovano spesso nel nord-est. Anche il prezzo è accessibile, sarà la bottiglia che mi porterò a casa. Ultimo assaggio il Guado al Tasso Bolgheri Superiore, qui si tocca l’eccellenza in quanto ad eleganza e piacevolezza. Un vino che con il suo sottofondo balsamico ti trasporta in sublimi ambiti gustativi.
Nella Tenuta viene realizzato anche il Matarocchio, Cabernet Franc in purezza da singola parcella, ma è al di fuori delle mie possibilità poterlo assaggiare. Nella Tenuta si produce anche dell’ottimo olio d’oliva, sono allevati allo stato brado suini di razza Cinta Senese ed è presente l’Osteria del Tasso.
I pochi giorni passati in questa zona hanno cancellato i miei preconcetti sulla Denominazione e mi hanno fatto innamorare di questo territorio dove l’armonia del paesaggio si ritrova anche nei vini. Sono tante le eccellenze vinicole qui prodotte che non mi stancherei mai di assaggiare. Mi spiace lasciare questi paesaggi, è uno di quei posti che mi ha fatto pensare “vorrei vivere qui”, tra cielo e mare.
Le note di erbe balsamiche suonano in lontananza. Caldo e succoso spreme la ciliegia sulla lingua mentre intorno echeggiano note di tostatura in legno e spezie. Di corporatura robusta veste con eleganza i tratti tipici del Sangiovese.
Il gallo nero gonfia il petto e mostra un piumaggio rosso rubino splendente. I tannini sono la carezza di una piuma mentre intorno danzano le fragranze fruttate e le morbidezze alcoliche (14,5%). C’è armonia e potenza, ma anche la sensazione di storicità nella percezione di assaggiare un vino che senti arrivare da lontano.
Una tradizione vitivinicola evidenziata già dal 1549 nel Podere Casavecchia alla Piazza di Castellina in Chianti. Dal 1988 il Podere è di proprietà di Gabriele Buondonno che lo conduce in regime biologico certificato e biodinamico (Triple A), assicurando il giusto rispetto alla terra e la continuità di una tradizione secolare. Le uve sono coltivate sui 400 m/slm su terreno argillo-calcareo con abbondante scheletro pietroso. La vinificazione è con lieviti indigeni in acciaio e cemento a cui segue un anno di affinamento in legno e poi in bottiglia.
Il gallo nero di Casavecchia alla Piazza è in splendida forma.
Questo vino mi ha evocato atmosfere country e ballate al chiar di luna con le file di lampadine colorate tirate da un albero all’altro. Ripensavo ai jeans, l’intramontabile tessuto reso famoso dalla Levi’s e a come sia stato interpretato in modo diverso negli anni rendendolo sempre attuale. Così come il Merlot, intramontabile vitigno che riesce a fondersi in un terroir dando sempre un risultato diverso.
Tenuta Lenzini di Gragnano (LU), ne trae un Merlot dal carattere sincero e diretto. Profuma di sottobosco e cuoio, di terra e sudore. È una festa, qualcuno fuma un sigaro al tavolo accanto e l’aroma dolce si sposa con il frutto di marasca. Succoso e con una bella nota balsamica che accompagna il sorso. Suonano i Mumford & Sons con I Will Wait, buona la persistenza e docile il tannino. Beverino e fresco da far pensare alla leggerezza e invece ha il 14,5% di volume alcolico. Caldo sì, ma quello bello che ti trascina nel ballo. Bel finale di sorrisi appagati e sudore. Manca solo la possibilità di far festa veramente tra amici, mi accontento di un brindisi a distanza in questo periodo morigerato tutto Casa e… Enoteca. Alla Salute amici winelover!
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