Categoria: vini francesi

Vini veri, persone vere

Persone e vini veri alla fiera Viniveri 2019 svoltasi a Cerea (Vr). Sono stati 132 i produttori che hanno animato il grande salone dell’Area EXP che, ironia della sorte, ha avuto le sue origini nel 1908 come fabbrica di concimi chimici e che grazie al comune di Cerea è stata poi recuperata nel 1995 e convertita a polo espositivo. Oggi i protagonisti in questo spazio sono coloro che hanno bandito dalla loro produzione ogni sostanza di derivazione chimica e che offrono quel genere di vini che possiamo definire naturali. Praticamente operano tutti in biologico o biodinamico. Ad accomunarli sotto il cappello di Viniveri è il rispetto di un manifesto che prevede regole chiare di coltivazione e di lavoro in cantina e la passione per le cose sane e rispettose della natura.

Avevo grandi aspettative per questa fiera, anche perchè l’avevo scelta al posto del mastodontico Vinitaly che partirà tra un paio di giorni. Aspettative pienamente soddisfatte dai quasi sessanta assaggi fatti e dalla conoscenza di tante belle persone, vere come i loro vini. C’era un bel clima, scanzonato ma anche professionale nell’approfondimento delle tematiche produttive. Bello vedere tanti coniugi, familiari ed amici che dietro i banchetti si adoperavano nel racconto e nella mescita. Ero in compagnia dell’amico sommelier Sasha e di un centinaio di altri soci Ais arrivati in pullman da Milano. Praticamente una gita di giovani quarantenni e più che volevano godersi una giornata intera di assaggi senza l’ansia di dover poi guidare. A far da portabandiera l’immancabile e mitico Hosam.

La regola era implicita, ‘bollicine, bianchi, rossi, passiti’, così gran parte di noi si è diretta ai banchi di Champagne mentre io e Sasha abbiamo optato per la cantina slovena di Slavček e i loro spumanti da Ribolla più Riesling e Rosé da Refosco. Il primo l’ho trovato proprio bello con i suoi sentori agrumati di pompelmo e di nespola. Più particolare il rosé dalla lieve vena tannica.

Siamo poi tornati dalla simpatica coppia di produttori per assaggiare anche i bianchi da uve con brevi macerazioni e i rossi. L’azienda è anche TripleA (agricoltori, artigiani, artisti), segnalo il loro Pinot Grigio 2015 e la Ribolla riserva tra i migliori. Si trovano a Dornberk (Dorimbergo) nel Collio Sloveno, a pochi km da Nova Gorica e dal confine italiano.

Salto in Champagne da Christophe Mignon dove c’è l’importatore a coinvolgere e far ridere gli astanti con le sue battute dallo spiccato accento veneto. Ottimo il Brut da Pinot Meunier 60% e Chardonnay 40%. Più austero il Brut Nature da Meunier 100%.

Eccoci poi da Aci Urbajs l’eccentrico produttore di Organic Anarchy, linea di vini bianchi dalle lunghe macerazioni e nessun uso di solfiti. Chardonnay 2015, Pinot grigio 2016 e 2017 e il Radicali ‘0’ 2017 blend di Chardonnay, Riesling e Kern (gran vino, complesso e lunghissimo con piacevoli note di miele).

I vini di questa cantina mi ricordano molto quelli di Nicolas Joly, padre della biodinamica e produttore della Aoc Savenniers nella Valle della Loira. Interessante assaggiare il Pinot grigio decantato da alcune ore ed evoluto con aromi molto diversi ed intensi. Le etichette dei vini rappresentano in modo chiaro lo stile di questa cantina che produce vini unici, tra i migliori assaggiati oggi. Si trovano anche loro in Slovenia ma molto più nell’entroterra e vicini all’Austria.

Sono seguiti poi gli assaggi di Mas Des Agrunelles, nel Languedoc francese. Un blend molto piacevole di Grenache Blanc e Marsanne (50/50) ed un Viogner. 

La cantina seguente è stata l’austriaca Nikolaihof Wachau dove erano presenti la produttrice, l’importatore e una magnifica sequenza di 4 Gruner Veltliner di annate diverse e altrettanti Riesling. Un assaggio meglio dell’altro. Le annate hanno evidenziato una bella evoluzione olfattiva che andava dal frutto fresco della 2017 alla sempre maggiore presenza di idrocarburi nelle 2014 e 2011. Tra i miei preferiti il Veltliner 2010 e il Riesling 2014 dove si percepiva una bella presenza armonica di frutto e idrocarburo.

Il passo successivo ci ha portato in Alsazia al Domain Valentin Zusslin dove abbiamo assaggiato uno strepitoso Riesling Neuberg 2014, al Top della giornata di assaggi. Elegante, intenso nei profumi tipici ed armonico. Visto che l’Alsazia è anche patria dei migliori Gewurtztraminer abbiamo provato il Bollenberg con residuo zuccherino. Il sommelier è stato molto bravo a servirlo freddo, quasi ghiacciato. È risultato molto piacevole e bevibile con un bel frutto tropicale fresco. Qualche grado in più e avrebbe rischiato di essere percepito come stucchevole. 

E i vini italiani? Eccoci da Gino Pedrotti in Trentino vicino al lago di Cavedine in provincia di Trento. Ad accoglierci il giovane titolare Giuseppe Pedrotti che è davvero una bella persona, simpatico e pronto ad esaudire ogni nostra curiosità. Tutti i loro vini hanno un filo conduttore che è l’eleganza, non quella dei lustrini ma quella delle cose fatte bene con pochi ingredienti. Uva, terra, clima, passione e una conduzione familiare. Abbiamo assaggiato la bella Nosiola 2017 (vitigno autoctono Trentino) poi uno Chardonnay 2017 e il blend di Chardonnay e Nosiola dell’etichetta L’Aura, gran bianco che consiglio di assaggiare.

Poi il rosso Rebo (vitigno ottenuto da Teroldego e Merlot) ed un magnifico Vino Santo Trentino del 2002, ottenuto da uve di Nosiola passite e botritizzate a cui segue una lenta fermentazione ed un lungo affinamento che arriva fino ai dieci anni. Non esagero a dire che è uno dei migliori passiti mai bevuti.

A questo punto l’amico Sasha si sgancia per una degustazione di sigari e vino ed io approfitto per approfondire le mie conoscenza sui vini di una regione ingiustamente poco considerata, il Lazio. Mi spiace non avere immagini di ognuno ma a volte mi perdo nella degustazione dimenticando di scattare le foto. Da Milana Gioacchino di Olevano Romano (Rm) ho assaggiato una Malvasia 2017 e un blend di Malvasia e Trebbiano sempre del 2017 che mi è piaciuta parecchio. Poi il rosso Cesanese (di Affile), dalle belle note fruttate e dalla facile beva. Anche qui una bella famiglia a presentare i propri vini.

Nei banchetti seguenti, con produttori della stessa regione, ho trovato i ragazzi di Noro Carlo in Labico (Rm) ed assaggiato la sorprendente Passerina, in quanto non conoscevo la versione laziale di questo vitigno che qui si esprime con gran corpo e profumi intensi rispetto alle ‘sottili’ Passerine marchigiane. Assaggiato anche il loro Cesanese del Piglio da suoli diversi dove era evidente la grande struttura e i diversi marcatori fruttati tra uno e l’altro, dalle more alla ciliegia e amarena. Finezza e struttura a seconda del suolo di terre rosse ricche di ferro oppure argillose compatte. 

Un passo più in là e mi trovo dal produttore La Visciola di Piglio (Rm) dove assaggio 5 versioni di Cesanese del Piglio da diversi Cru. I vini di questa simpatica coppia sono incredibilmente buoni, pur avendo ognuno delle diverse sfumature si esprimono come gran rossi degni di accompagnare le carni più saporite. Al palato i vini sono vellutati, caldi, con frutto carnoso ed una bella spalla acida. I tannini sono perfettamente integrati. Peccato che se volessi acquistare qualche loro bottiglia dovrei per forza recarmi nella loro cantina. Se vi capita di trovarne una da qualche parte non fatevela scappare.

Tornato Sasha ci dirigiamo al banco di Oasi degli Angeli di Cupra Marittima nelle Marche, “mica ti vorrai lasciar scappare la possibilità di assaggiare i loro grandi vini!” Il Kupra da uve Bordò (una specie di cannonau), grandissima espressione di piccoli frutti rossi e di erbe aromatiche di macchia mediterranea a cui fanno da cornice eleganti note di affinamento in legno. Poi il Kurni, meravigliosa creatura 100% Montepulciano. Rotondo, spesso, solare, un vino che vorrei sempre avere in cantina. Purtroppo la loro produzione è molto limitata e di conseguenza il costo/valore di ogni bottiglia è elevato. Apprezzo molto e ringrazio i titolari Eleonora Rossi e Marco Casolanetti per aver presenziato questo evento e dato così la possibilità a tanti appassionati di assaggiare i loro vini. (la faccia sulla foto è seguente alla mia richiesta di poter scattare 🤣)

Altro produttore eccellente trovato a Viniveri è stato Rinaldi, piemontese di Barolo dove ho assaggiato i due Baroli presenti, il Tre Tine 2015 e il Brunate 2015. Entrambi di grande eleganza e finezza. Buoni ma sono certo che tra qualche anno avranno tannini più integrati ed una migliore armonia generale. Mi spiace non averli compresi fino in fondo, forse l’assaggio è stato penalizzato dai precedenti assaggi di rossi con aromi molto presenti.

Una puntata in Spagna da Uva De Vida di Castilla nella Mancha. Qui abbiamo assaggiato alcune versioni da uve Graciano e Tempranillo. Rossi potenti, talvolta ruvidi e con sentori selvaggi, di cuoio, cavallo e carne macerata. Poi all’azienda La Senda con gli ottimi rossi da uve Mencia e Palomino.

A questo punto è diventato difficile continuare a degustare con obiettività e quindi ho smesso di prendere appunti e mi sono goduto gli ultimi assaggi per puro piacere. Dopo poco è arrivato il momento di recarsi al pullman per il rientro.

Siamo tornati felici verso Milano, con qualche nozione in più sui vini naturali e con le papille gustative che danzavano. Spero di esserci anche l’anno prossimo con nuovi vini e persone vere da conoscere.

Luca Gonzato

Note:

Le regole di produzione che sono tenuti a rispettare i produttori del consorzio Viniveri riguardano sia le operazioni in vigna che quelle in cantina. In vigna non è consentito l’uso di diserbanti e/o disseccanti, concimi chimici e viti modificate geneticamente. Nei nuovi vigneti si introducono piante ottenute da selezione massale e si predilige la coltivazione di vitigni autoctoni. Sono ammessi i trattamenti contro le malattie purché rispettino le norme dell’agricoltura biologica. Sono vietati i trattamenti di sintesi, penetranti o sistemici. Infine la vendemmia deve essere manuale. Per quel che riguarda il lavoro in cantina si possono utilizzare solo lieviti indigeni presenti sull’uva ed in cantina con esclusione di qualsiasi prodotto di nutrimento. Non sono permessi i sistemi di concentrazione ed essiccazione forzata, solo appassimento naturale dell’uva all’aria.  È vietata ogni manipolazione alla fermentazione naturale compreso il controllo della temperatura. Esclusione anche di chirificante e filtrazione. La solforosa totale non potrà mai essere superiore ad 80 mg/l per i vini secchi e 100 mg/l per i vini dolci. 

Château La Grave, Pomerol 2015

Château La Grave Trigant De Boisser. Un vino francese della zona di Bordeaux, realizzato da Jean-Pierre Moueix con uve di Merlot all’85% e di Cabernet al 15%. Le vigne sono coltivate su terreni caratterizzati da argille fini. Il Cru è quello di Pomerol, famoso nel mondo per l’etichetta di uno dei vini più cari in assoluto, lo Chateau Petrus, venduto a oltre 5000€ a bottiglia. Io ne ho spesi molti meno, circa 40. Si potrebbe obiettare che con la stessa cifra si acquista un’ottima bottiglia di Bolgheri ma se si vogliono fare confronti e capirne di più bisogna assaggiare anche i vini francesi, in particolare quelli della zona di Bordeaux che utilizzano le stesse uve, cioè Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot. Sono le uve di quello che in gergo viene chiamato Taglio Bordolese.

I profumi di questo Pomerol mi ricordano le ciliegie sotto spirito, i fiori passiti, l’humus e il cuoio. In bocca è rotondo, i tannini sono perfettamente integrati, resta una bella acidità e qualcosa di fresco nel frutto che si sposa con sentori dolci di legni esotici. È lungo e caldo, si percepisce leggermente il valore alcolico di 14,5. Il finale mi ricorda l’arancia rossa e il retrogusto mi riporta note di cacao. Gran bel vino, equilibrato ed armonico nelle sue componenti. Non ci trovo difetti. L’ho degustato con carne alla brace ma lo apprezzo ancor di più da solo, un mangia e bevi che ha tutto in sé, ah les français… ripenso alla giornata di ieri, passata assaggiando i vini dell’alto Piemonte. Vini diversi, quelli del Novarese\Vercellese, da uve perlopiù di Nebbiolo, ma della stessa categoria ‘rossi affinati in legno’. Forse due di quelli assaggiati ieri possono avvicinarsi alla sensazione armonica complessiva e alla finezza ed eleganza di questo Pomerol. Senza nulla togliere alle eccellenze italiane bisogna anche riconoscere le eccellenze degli altri e questo Pomerol merita davvero un punteggio sopra i 90. Lo consiglio sia per la qualità che per il prezzo abbastanza accessibile.

Luca Gonzato

Alsazia, biodinamica e mineralità

Domaine Zind-Humbrecht

Siamo in prima fila questa sera, io e gli amici assaggiatori di Onav, l’argomento merita il massimo dell’attenzione, “vini d’Alsazia e mineralità”, a presentarlo, come sempre accade, quando l’argomento è di un certo ‘peso’, è Vito Intini, carico e di buon umore come al solito, pronto ad instillarci una buona dose di vino che arricchirà le nostre conoscenze enoiche. L’introduzione è il territorio, bla bla bla, ‘scherzo’, per avere un quadro completo di un vino devi sapere tutto quello che lo riguarda.

Partiamo dall’Alsazia, regione francese che occupa una striscia di terra tra  la catena montuosa dei Vosgi e il fiume Reno, nel nord est della Francia al confine con Germania e Svizzera, Basilea è a pochi chilometri, ci starebbe una gita da Milano. A me vengono in mente le case colorate barrate di legno di Strasburgo, se ci sei stato anche tu, fai che scendi giù fino a Colmar e Mulhouse. Questa è la zona dei vini, dove la coltivazione è collinare, tra i 200 e i 400 m/slm. Il clima è continentale con autunni secchi e soleggiati. Le acque del Reno e soprattuto i monti Vosgi proteggono le vigne dalle correnti fredde provenienti dall’Oceano Atlantico. La caratteristica più importante di questa zona è la composizione dei terreni in cui si trovano le vigne, granito, calcare, argilla, ardesia, gesso, marne con presenza di fossili e rocce vulcaniche. Minerali che poi daranno la tipica impronta di mineralità nei vini Alsaziani. I minerali non hanno odore, ma attraverso la loro disgregazione in polveri e ceneri, rilasciano nutrimento per le radici della vite, che a sua volta, attraverso la linfa, ingloba queste molecole negli acini e nel vino che verrà. La mineralità si esprime in sensazioni tattili di pungenza e polverosità. Al gusto trasmette una spiccata sapidità e una acidità ad alto valore di Ph che favorisce la salivazione (e la beva). Per avere il profilo completo che caratterizza i vini Alsaziani dobbiamo aggiungere i vitigni utilizzati, i più rappresentativi sono: l’aromatico Gewurtztraminer, il Riesling (che ritroviamo allo stesso livello di eccellenza dall’altra parte del Reno), il Pinot grigio con la sua selezione di ‘grani nobili’, cioè solo i chicchi migliori colpiti dall’azione della muffa nobile, il Moscato alsaziano e il moscato Ottonel. L’ultimo tassello ed il più importante, nel trasmettere l’impronta minerale nei vini, è la tipologia di viticoltura, che nel caso del Domaine Zind-Humbrecht si svolge in biodinamica, detto in sintesi, esclude ogni utilizzo di concimi chimici e diserbanti, preserva le uve e non va a modificarne le caratteristiche con l’utilizzo di lieviti selezionati (se non quelli presenti nella cantina stessa).

Ecco come Monsieur Olivier Humbrecht sintetizza il concetto di biodinamica e mineralità:  “La percezione della mineralità del vino può essere la manifestazione intima della profondità di un terroir e della sua capacità di firmare un vino in un modo unico. Contrariamente alla ricchezza di carbonio, non può essere falsificata o modificata artificialmente. Solo un grande rispetto del suolo, della vite e di una vinificazione non interventista garantirà una presenza di sali e ceneri significativi nel vino. La mineralità distinguerà un prodotto tecnologico da un vino di terroir. Riconoscere una vera mineralità può essere un esercizio difficile, perché non va scambiata per aromi di riduzione, eccesso di solforosa, acidità vegetale o semplicemente per potenza aromatica. La mineralità si gusterà in bocca, riconoscendo l’espressione di salinità e la potenza della salivazione”. 

Due righe sull’Azienda prima di passare alla degustazione; l’attività di “Vigneron“ della famiglia Umbrecht inizia nel 1620 e continua fino al 1959 anno in cui attraverso l’unione con l’attività della famiglia Zend viene creato il Domaine Zend-Humbrecht che ad oggi ha complessivamente 40 ettari di vigne. Nel 1997 iniziano ad applicare la biodinamica in vigna. I vini da loro prodotti sono super premiati nelle guide di settore, dove raggiungono punteggi superiori ai 90 punti. Si possono trovare anche online dai 30€ in su.

La degustazione dei 6 Vins d’Alsace Zind-Humbrecht

Muscat Goldert, Grand cru, 2011 (ind. 1 – grado zuccherino corrispondente a secco)

  • 13° Vol Alcol
  • Acidità 4.9 g/l- Ph 3.2
  • 80% Muscat Petit Grain, 20% Muscat Ottonel
  • Terreno calcareo con vene di materiale ferroso

Floreale, elegante, minerale, nota agrumata, frutti tropicali, lychees, finale sapido. Questo primo vino in degustazione, anche se non è stato apprezzato da tutti, mi è piaciuto molto per la sua freschezza e il carattere giovane, non sempre si ha il bisogno di bere vini opulenti, questo lo vedo bene come aperitivo accompagnato da stuzzichini leggeri.

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Riesling Heimbourg, 2014 (ind. 1)

  • 12.5° Vol. Alcol – residuo zuccherino 8.3 g/l
  • Acidità 5.0 g/l – Ph 3.0
  • 100% Riesling renano
  • Terreni argillo/calcarei con marne stratificate, la vigna è su una piccola costa di una collina di 7 ettari

Impatto minerale, mela cotogna, pera, mela, agrumi, ananas, note citrine, gesso, borotalco, grande acidità, sapidità, rotondità e persistenza. Buono, con un grande potenziale di miglioramento negli anni. Z-H ne consiglia il consumo dal 2018 a oltre il 2034.

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Riesling Brand, Vieilles Vignes, 2011 (ind. 2)

  • 14° Vol. Alcol – residuo zuccherino 18.0 g/l
  • Acidità 3.8 g/l – Ph 3.3
  • 100% Riesling renano
  • Territorio straordinario, più in alto, con pendenze rilevanti, presenza di granito e calcare. Esposto a sud.

Di un bel giallo paglierino dorato, è minerale con ricordi di ruggine e sensazione di polvere. Frutti tropicali, ananas, maracuja, mango. In bocca scivola morbido e dolce, chiude con bella freschezza secca.

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Gewurztraminer Hengst, Grand Cru, 2013 (ind. 5)

  • 13,5% Vol. Alcol – residuo zuccherino 45.0 g/l
  • Acidità 3.2 g/l – Ph 3.7
  • 100% Gewurtztraminer
  • Terreno marnoso calcareo dell’Oligocene, esposizione sud-est. Età media dei vigneti 62 anni.

Dolce. Impatto elegantissimo, albicocca, pesca, mielato, nota minerale e citrina, agrume. In bocca ha la tipica nota amarotica dei vitigni aromatici, in chiusura è secco con belle note balsamiche, eucalipto, pino. Lunga persistenza. Ideale abbinamento con cibi speziati o formaggi erborinati. L’Azienda ne consiglia il consumo nell’arco di tempo 2018-2036. Io lo trovo già ‘pronto’ così. Bel Gewurtztraminer.

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Gewurztraminer Clos Windsbuhl, Vendange Tardive, 2005

  • 14.5° Vol. Alcol
  • Acidità non reperibile, probabile grado zuccherino superiore agli 80 g/l
  • 100% Gewurtztraminer
  • Terreno calcareo marino con fossili e argille in disfacimento, a 350 m di altitudine riceve le correnti fredde, viene effettuata una vendemmia tardiva. Uve botritizzate. Considerato un vino mito.

Dolce. Mela cotogna, spezia di fondo, legni asiatici, cera, frutti stramaturi, ananas, arancio, fico secco, miele. Sensazione polverosa, minerale, sottile idrocarburo. Nota verticale di frutto più fresco e fiori bianchi, mandarino, scorza d’arancio. Complesso e lunghissimo. Un vino da meditazione, di quelli che vorrei avere di ritorno da un viaggio in Alsazia.

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Pinot Gris Clos Jebsal, Selection de Grains Nobles Trie Speciale, 2011

  • 13.5° Vol. Alcol – residuo zuccherino 71.0 g/l
  • Acidità 3.5 g/l – Ph 3.7
  • 100 % Pinot grigio
  • Piccolo Clos di 1.3 ettari che si trova su una faglia di gesso, ricca di galestro. L’unico vigneto della tenuta di selezione dei Grains Nobles, raccolti in vendemmia tardiva, uve botritizzate.

Dolce. Bel colore ambrato, note di marmellata fresca, pesca, albicocca, ananas, mango. Nota speziata di pepe. Io ci sento anche degli smalti, vernici. In bocca è armonico, bellissimo e persistente. Si chiude la degustazione al top con questo Pinot Gris che sarebbe l’ideale da metter in tavola a fine pranzo con la Colomba Pasquale.

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E siamo alla fine di questa bella e ‘dolce’ serata, non mi resta che affrontare il ritorno in moto sotto la pioggia, guardo le goccioline scendere sulla visiera chiusa, ripenso alle lacrime di Pinot gris che scendono sul bicchiere e sorrido felice, …anche se ho i piedi fradici e sono tutto infreddolito.

Luca Gonzato

I migliori degustatori del pianeta si ritrovano al Bicerìn di Milano

Tommaso, Luca e Roberto

Non è vero che sono i migliori degustatori, il resto sì.

“È un posto superfigo per i vini”, così Giovanna aveva lanciato la proposta di location per una degustazione tra amici, in effetti il Bicerìn (bicchierino in milanese) è proprio così. Una “libreria di vini” ben selezionati e ordinati sugli scaffali, comodi divanetti dove ‘leggersi’ un vino in tranquillità, luci soffuse e personale premuroso, sia nel servizio che nel consigliare i vini. Siamo nel centro di Milano, in via Panfilo Castaldi 24, a due passi da Corso Buenos Aires. Il posto è ben frequentato, anche da Vip, proprio ieri sera è comparsa nel locale la bella e simpatica Victoria Cabello. I prezzi direi che sono leggermente sopra la media, dipende comunque da cosa decidi di bere, e noi non ci siamo dati limiti, forse sui taglieri mi aspettavo qualcosa in più o in meno sul costo, comunque sono dettagli, di fatto quando vado in un locale la cosa che mi importa di più è sentirmi bene, a mio agio, essere in compagnia e divertirmi, poi l’aspetto economico lo guardo alla fine mettendolo in relazione all’esperienza vissuta, del tipo ‘ne valeva la pena aver speso X per questa serata?’, Sì. Siamo in tre, a farmi compagnia ci sono Roberto e Tommaso, mentre Giovanna ci segue su WhatsApp, direttamente con il termometro in mano, ma non per darci consigli sulle temperature quanto per misurarsi la febbre che le ha imposto di rinunciare all’uscita.

Cosa possono mai degustare tre amici appassionati di vino sempre alla ricerca di qualcosa che li stupisca?, ovvio, si inizia con uno Champagne, lo Yann Alexandre Grand Reserve Brut, della Montagna di Reims, 40%Pn, 40%Ch, 20%Pn e ben 72 mesi sui lieviti. Un inizio spettacolare direi, ci lanciamo nel riconoscimento degli aromi, è bello degustare in compagnia, si riescono a cogliere impressioni che ti aiutano a capire meglio il vino e sono soddisfazioni se le impressioni che suggerisci sono riconosciute anche dagli altri. Questo Champagne ha grande carattere, bella acidità, fiori e frutti freschi, agrumi, mandarino, mela, complessità e persistenza. Un calice, due, tre, si potrebbe andare avanti tutta la serata tanto è buono. Si parla di Ais, Onav, Fisar, Alma, Aspi, tante sigle e differenti approcci, pro e contro di queste associazioni impegnate nella formazione di appassionati e professionisti. Ma noi siamo già assaggiatori, la nostra missione di oggi è andare oltre lo Champagne, torniamo in Italia, all’assaggio di un vino che al di fuori dell’ambito regionale di provenienza è poco conosciuto, l’Albana, quella di Francesconi Paolo, zona di Faenza, viticoltura biologica e macerazione sulle bucce, avvertiamo note eteree di cipria e smalto ma in bocca è più sul frutto giallo maturo con note di fieno, bel vino.

Alziamo l’asticella e passiamo a qualcosa di più corposo, il Rosso R.L. di Nino Barraco di Marsala in Sicilia, uve da vitigno autoctono Orisi, ha un forte impatto al naso, l’aggettivo giusto potrebbe essere ‘selvaggio’, profumi di cuoio, salamoia, acciughe, addirittura olive, non mancano i frutti rossi, è stranissimo, in bocca è di corpo, persistente con sapidità evidente. Saremmo anche a posto, le chiacchiere si sono ormai spostate dal vino alla situazione politica in Italia, ci propongono il  Nebbiolo Gattinara di Travaglini, come fai a dire di no dopo che ti hanno messo davanti la particolare bottiglia brevettata nel formato Magnum?. È un Nebbiolo avvolgente, con tannini levigati, robusto, con tutte le componenti ben equilibrate, l’annata è di quelle top, la 2010, non serve dire altro, Travaglini fa vini indiscutibilmente buoni. Unica nota negativa della serata è che Tommaso, approfittando dei fumi alcolici che amplificavano la chiacchiera, mia e di Roberto, sì è fatto da solo un assaggio furtivo di un Ghemme Riserva de La Torretta, zitto zitto, senza commentare, ma bastava il suo sorriso per capire che si era bevuto qualcosa di buono (b.do!). Ormai la serata è al termine, domani si lavora, il Bicerìn è stato più di uno e si è passata una bella serata in questo locale di grande personalità. Ultimo impegno, rimettere mano all’agenda e programmare nuova uscita, il vino ci aspetta!

Luca Gonzato

PS sono stato nuovamente, a distanza di un anno circa, in questa enoteca e, mi spiace dirlo, ma ho trovato dei prezzi molto alti sia per il vino servito al calice che per i taglieri dal contenuto ‘minimal’.

L’espressione di un territorio in armonia cosmica

Nicolas Joly e la Biodinamica nella sua Coulée de Serrant in Valle della Loira

“Aprite un vino e bevetene mezzo bicchiere al giorno, non mettetelo in frigo, se dopo dieci giorni è ancora buono avete la garanzia che quel vino vivrà in bottiglia per più di vent’anni”

Nicolas Joly, il guru della viticoltura biodinamica e proprietario esclusivo della Aoc francese Coulée de Serrant (che equivale ad una nostra Doc) racconta i principi della biodinamica che stanno alla base delle sue produzioni. Un personaggio eccentrico e affascinante che ha fatto dei suoi vini delle vere e proprie eccellenze. Sette ettari, lo Chenin Blanc e tanta passione.

Nicolas Joly: Più differenziazione c’è nelle specie di microrganismi presenti nel terreno e più la radice della vite conquista sottigliezze che poi riporta nel gusto. Se la radice riceve diserbanti è come se fosse messa alla fame e allora, disorientata, torna alla superficie, a 40-50 cm. Poi si dice che si usa l’osmosi per togliere l’acqua dall’uva. Ma se voi avete le radici a 15 m di profondità l’acqua non va a rovinarvi l’uva immediatamente.

Se la pianta ha fame bisogna dargli del nutrimento e cosa portiamo? i concimi chimici e allora vi consiglio di fare un esperimento domani, a pranzo, per capire cosa è un concime chimico; è un sale e allora prendete a pranzo un cucchiaio di sale e avrete sicuramente sete e per compensare la sete berrete. Un concime chimico porta ad una crescita a base d’acqua e quindi tutte le malattie diventano più aggressive.

Da molto tempo c’è un prodotto per contrastare la peronospera ed è il rame e per l’oidio lo zolfo, prodotti che a piccolissime dosi sono delle medicine per il suolo e non dei veleni. Usando concimi chimici, le malattie che sono diventate più aggressive non possono più essere controllate con piccole dosi di rame e di zolfo e quindi sono stati inventati i prodotti chimici sistemici.

I prodotti chimici sistemici sono stati un progresso enorme ma anche un debito enorme rispetto alla Denominazione controllata. Il prodotto sistemico entra nel sistema linfatico della pianta e la avvelena in poche ore, è un progresso perchè se piove la pianta non rischia di prendere la malattia però è anche un grande disastro per la linfa che è incaricata di captare la microbiologia. Quindi se siamo in agricoltura convenzionale abbiamo  perso il legame con il suolo e con il clima e i vini diventano imbevibili e invendibili e allora è stata inventata la tecnologia in cantina. Abbiamo diritto, noi viticoltori, di mettere 360 gusti diversi nel vino attraverso l’uso di lieviti aromatici che sono quasi sempre ottenuti dall’ingegneria genetica. Tutto questo discorso per dirvi che ci sono delle specie di vini buoni:

  • Il buon vino completamente estratto dalla buona gestione agronomica della vigna e del suolo
  • Il buon vino legato ad una enologia performante fatta solo in cantina

Io non ho niente contro, ma chiedo semplicemente che il bevitore e il fruitore abbiano la possibilità di sapere che il gusto che stanno assaggiando deriva da una tecnologia in cantina o deriva dall’espressione autentica del territorio. Quando si capisce quello che sto dicendo si capisce anche il perchè della lenta tendenza ad avvicinarsi ad una agricoltura biologica. Non sto dicendo che i vini biologici e biodinamici siano tutti perfetti, ma in biologia lasciate che il luogo si esprima e non distruggete la vita di quel luogo, vedremo che in biodinamica è ancora più diverso.

Quando assaggiate un vino, dovete fare attenzione a 3 cose, come per la musica. In musica avete lo strumento musicale, il musicista e l’acustica. Un grande tenore nel metrò a Parigi alle 6 di sera non riuscite a sentirlo, l’acustica non è buona. L’acustica è il modo di fare agricoltura, il musicista è l’agricoltore, le decisioni che può prendere e che sono molto importanti. Un agricoltore rispetto alla sua vigna, può usare una tisana in un certo momento, fare un trattamento biodinamico in un altro. L’ortica ad esempio è una pianta straordinaria per lottare contro la siccità, il timo e la valeriana sono piante eccezionali per lottare contro il freddo. Voglio dire che le decisioni che prendete mentre la vigna sta crecendo e germogliando sono estremamente importanti rispetto a ciò che accadrà dopo in cantina.

Dunque, il musicista, l’acustica e poi lo strumento musicale. Lo strumento musicale è la qualità del vostro terroir. Terroir è una parola che non mi piace più usare perchè è stata portata nel fango, perchè un terroir parli bisogna che sia vivo. Un terroir che è stato diserbato e concimato chimicamente e dove sono stati usati pesticidi sistemici è un terroir morto che non può più parlare. È molto importante che pensiate a questo quando assaggiate un vino. Ci sono persone che hanno degli Stradivari e ci sono persone che non hanno lo Stradivari ma sono straordinari musicisti ossia agricoltori. Pensate a certi zingari che suonano violini da quattro soldi e che ottengono delle musiche meravigliose. Quando assaggiate un vino ponetevi la domanda di dove è l’uomo, dove è l’acustica e dove è lo strumento.

E adesso parliamo di biodinamica, quando chiedete a qualcuno cosa è la biodinamica e quando chiedete quale è la differenza tra biodinamica e agricoltura biologica, la risposta più normale che potete ricevere è ‘penso che i biodinamici guardino alla luna’.

Visitate una vigna all’inizio della primavera, avete una piccola gemma di qualche centimetro, questa gemma in sei mesi diventerà un ramo, molte foglie, la mutazione totale dei fiori e passate le forze del solstizio questo fiore diventerà un grappolo d’uva e quindi avete parecchie tonnellate di materia che ogni anno appaiono dal nulla. Non avete queste tonnellate di materia in primavera ma in autunno. Se togliete l’acqua da questa materia si chiama materia secca, il 94% di questa materia si chiama fotosintesi, solo il 6% viene dal suolo e il 94% viene dall’atmosfera, allora cosa era? materia solare, materia siderale, materia cosmica? non lo so, ma so che prima non c’era. La forza e il ruolo della pianta è catturare dell’intangibile e farlo diventare materia e questa è la chiave della comprensione della pianta e la chiave della comprensione di un vino. È in questo momento, in cui si passa dall’intangibile alla materia, che si fa un vino. Se volete smettere di portare l’osmosi e tutti i trucchi e la tecnologia in cantina bisogna capire il momento in cui la pianta cattura l’intangibile nell’atmosfera e lo fa diventare materia, e in questo momento preciso agisce la biodinamica. È questo che vi permette di non fare niente in cantina. Se voi avete aiutato questo momento in cui l’energia si incarna nella materia, dopo veramente potete permettervi di non fare più nulla in cantina perchè tutto avviene da solo, perchè c’è un’armonia delle cose a permettere che tutto avvenga da solo. Se bisogna intervenire in cantina e questo è possibile nei primi anni di biodinamica, vuol dire che abbiamo delle deficienze di attenzione nel momento agricolo. Bisogna saper comprendere il matrimonio, saper mettere insieme la scienza della materia con la scienza che comprende la matrice della vita, perchè la matrice della vita non è nella materia. Cercate di capire profondamente che la vita non appartiene alla terra, la terra è il messaggio di vita perchè è membro del sistema solare. Come funziona un sistema solare?, perchè Saturno ha un anno di 30 anni e Mercurio un anno di 30 giorni? Non sono mica tenuti con delle catene, è tutto un sistema energetico, un sistema di lunghezze d’onde energetiche e cosmiche. C’è una contraddizione straordinaria nella nostra epoca, tutti abbiamo un telefonino e tutti riteniamo normale che quando chiamiamo qualcuno a Pechino sentiamo la sua voce in tre secondi, come funziona? Sono Gigahertz, sono 900 milioni di vibrazioni per secondo che portano la voce su 10.000 chilometri in 3 secondi. La vita arriva sulla terra allo stesso modo, i preparati biodinamici non sono altro che un eco telefonico, sono dei telefoni portatili preparati biodinamici e per le persone che amano il mondo scientifico li chiamerò il Sig. Ferro, il Sig. Potassio, il Sig. Calcio, il Sig. Carbonio  ecc. Per chi si è liberato un po’ dai vincoli dell’impostazione scientifica troppo rigida li potrei chiamare Sig. Mercurio, Sig. Venere, Sig. Giove, Sig.ra Luna ecc. Quello che fate è di rafforzare il legame tra il sistema solare, il sistema cosmico e il vostro suolo. Perchè farlo?, ci parlano tutti i giorni della cattivissima carbonica che sta inquinando tutto ma non ci parlano mai dell’inquinamento elettromagnetico. Vi ho spiegato che la terra riceve la vita con dei legami, delle onde cosmiche che arrivano sulla terra e portano il messaggio di vita. Avendo messo milioni di satelliti nell’atmosfera e antenne dappertutto questo vuol dire aver fatto una specie di scudo in cui la comunicazione dal cosmo arriva più lentamente e più difficilmente e questo vuol dire più malattie nelle piante.

Torniamo sulla terra, sulla vigna, abbiamo 7 ettari sulla Coulée. È una parcella che è a vigna da più di 8 secoli, è stata piantata nel XII secolo dai Frati Cistercensi, bisogna approfondire le comprensioni che avevano i frati Cistercensi. Molti monaci non volevano essere sulla terra, pregavano per staccarsi dalla terra e trovare un altro mondo, i Cistercensi erano il contrario, il Cistercensi dicono ‘io sono un Uomo’, il mio ruolo è far vivere la terra e quindi pianto la pianta più terrestre che esiste, la vigna. La vigna è proprio l’opposto di un grano, il grano non sa fare altro che salire e la vigna non sa fare altro che scendere, potete trovare le sue radici a 30 metri, appena è un metro sopra al suolo bisogna mettergli un tutore perchè non è capace di stare in piedi, la vigna e il grano sono due movimenti opposti ed è per questo che sono stati presi come simboli dalla religione, non sto parlando dei grani imbecilli di oggi che hanno degli accorciatori di crescita e che fanno una spiga di 50 centimetri, vi parlo dei grani che salivano fino a un metro e sessanta come tutti i grani che si coltivavano fino a 50 anni fa.

Vi do un esempio della gestione differente che potete avere sulla vigna, ho visto un viticolture anziano che diceva ‘la vigna deve rimanere per terra’ e fa la potatura raso al suolo, la vigna cerca di germogliare verso l’alto e viene repressa. Oppure, come si fa tanto anche in Italia o in Portogallo, ci sono degli alberi, vivi o morti che siano e si lascia salire la vigna fino a 4 metri. Stesso suolo, stesso vitigno, eppure vengono fuori dei vini molto diversi. Cercate di estrapolare quello che sto dicendo, posso dare alla vigna una tisana o un messaggio con una pianta come la Valeriana, quella pianta che sale molto alta fino a 2 metri, o posso, al contrario, potarla corta e impedirle di crescere più di 50 centimetri. Con la gestione che fate, quello che prima chiamavo musicista, voi potete cambiare completamente il gusto del vino. Non vi sto dicendo che dovete fare in un modo o nell’altro, ma bisognerebbe insegnare al mondo dei Sommelier e degli Assaggiatori che ci sono diverse possibilità.

Altra questione, oggi su tutto il pianeta, il 90% delle vigne piantate sono dei cloni, immaginatevi l’incubo se adesso in questa sala fossimo tutti la stessa persona, sarebbe estremamente noioso anche se la persona fosse qualitativa, questo è un clone, perchè abbiamo scelto un clone? perchè è lo stesso, perchè sono tutti uguali e quindi germogliano, fioriscono, maturano e si raccolgono nello stesso momento. La natura ha orrore di questo, in ogni specie vegetale avete probabilmente 2/300 comportamenti diversi e in una vigna questo si chiama selezione massale, fino alla metà degli anni ’70 tutte le vigne piantate erano delle selezioni massali e tutto questo ha portato a dei gusti differenti e se per esempio arrivate da una vigna che non da gusto perchè magari è troppo produttiva abbiamo ottenuto il diritto di mettere un gusto artificiale nel vino e questo è abbastanza scioccante. Aggiungo ancora qualcosa, abbiamo tutti assistito come ogni tanto la stampa dice che c’è l’annata del secolo, perchè? Perchè normalmente avete una resa troppo elevata, e se avete delle rese troppo elevate ci vogliono delle condizioni climatiche molto particolari affinché la vigna riesca a esprimersi. Ma se avete delle rese equilibrate secondo il luogo, tutte le annate sono l’annata del secolo.

Dunque, noi, nella nostra azienda piantiamo delle viti che sono state prese dalle piante presenti da secoli nella nostra azienda. Quando pianto della vigna, lascio i suoli a riposare per 7 anni, quando le tecniche di oggi sono togliere la vigna ad ottobre e ripiantare a febbraio, mettere dei nitrati e avere delle vigne produttive nel giro di 2 anni. Questo per dirvi che le decisioni che si possono prendere da viticoltore, anche in biologica e biodinamica, possono essere molto diverse. E vi aggiungo anche che siccome la biodinamica sta diventando un mercato abbastanza importante c’è gente che si avvicina alla biodinamica per delle ragioni filosofiche o di coscienza e c’è chi si avvicina per delle ragioni di marketing, ma comunque è un bel progresso per la terra. Un fenomeno interessante è anche vedere della gente che ha incominciato la biodinamica perchè gli è stato imposto, e se li rincontrate dopo tre anni vedete che sono molto entusiasti e soddisfatti dei risultati che hanno ottenuto. Mi ricordo di aver incontrato un viticoltore a Bordeaux che dopo un po’ di biodinamica mi disse ‘guardi, non so perchè ma sto risentendo in cantina i profumi dell’epoca di mio nonno’.

Il bevitore dovrebbe avere semplicemente il diritto di sapere cosa si sta facendo in cantina. Una moda, adesso in Francia, è la Silice (Silex), ‘…ah senti quanto sa di silex’, ma è il lievito 323 fabbricato da chissà quale laboratorio, può darsi che sia vero ma è veramente il gusto di questo luogo, di questa denominazione? o è un gusto aggiunto?.

Per tornare ai miei vini, ci sono tre tipi diversi di gusto,

  • Gli anni di Calore, che vi danno un vino molto muscoloso, gli anni 1994, 1995, 1997, 2003, 2007
  • Gli anni di Luminosità (molta luminosità, sulla Loira è facile che ci sia molta luminosità) non vi da dei vini molto estroversi ma dei vini molto introversi, dei vini più femminili, più interiorizzati, come dei pizzi)
  • E poi naturalmente ci sono quei vini che sono tra l’uno e l’altro

E poi io sono molto criticato perchè quando c’è l’occasione mi piace avere una percentuale di uva Botritizzata (Muffa nobile) nel mio vino, la Botrytis è normalmente una surmaturazione che da quasi una terza dimensione, beh certo non ci va il 100% e non è che capiti tutti gli anni.

Siccome ho tre denominazioni che sono su delle esposizioni diverse, a volte passano 10/15 giorni dal primo passaggio di vendemmia su una denominazione all’ultimo sull’altra. Quando c’è la Botrytis non bisogna aspettare molto a vendemmiare perchè potrebbe trasformarsi in marciume acido. Per esempio ne ho sul Savenniérs 2015 e non ce l’ho sulla Coulée del 2015. Capisco che ci siano persone a cui non piace, ci sono due categorie nette, coloro che la amano e coloro che la detestano.

Per il resto non facciamo più niente, il giorno che la pressa ha finito di pressare l’uva, basta, io sono in vacanza. Usare lieviti selezionati è un concetto imbecille, in agricoltura vivente i vini fermentano subito, molto velocemente, la prima barrique fermenta in 12 ore e quelle dopo in 6 ore, la fermentazione dura da 4 a 6 mesi senza controllo della temperatura. La temperatura in cantina è 12° d’inverno e 18° all’inizio della vendemmia, certamente non uso legno nuovo, non dico che la rovere dia un cattivo gusto al vino ma dico che il vino non ha nessun bisogno del gusto di rovere, mi piace molto la scienza che c’è dietro la forma di una botte, prima sono andato al Duomo, un’opera straordinaria che avete a Milano, la conoscenza delle onde di forma che c’è in questa costruzione è straordinaria, tutte le forme platoniche, dodecaedro, tetraedro…, tutte,  è la scienza dei numeri, e la barrique è un uovo, adesso si usa molto, è di moda, la forma verticale, certo funziona, non la prendo, è fin troppo efficace, le fermentazioni vanno troppo veloci, la fermentazione è come una cucina a fuoco basso deve sobbollire, certamente io ho normalmente dei livelli alcolici molto alti e 4/5 mesi di fermentazione, alla fine molto leggera la fermentazione, io posso avere vini secchi fino a 15,5°. Qualcuno è venuto a trovarmi chiedendomi, siate sociale, accettate che noi vi copiamo i vostri lieviti, è un non senso, ogni luogo deve avere i suoi lieviti. Pensate agli stati della materia Platonici, acqua, luce, fuoco, terra. Ogni volta i vostri lieviti sono adattati a questa originalità. Noi facciamo solo un travaso, quando fate un travaso si sente il profumo del vino a 150 metri, è abbastanza drammatico, bisogna tenerseli stretti questi profumi, non bisogna mica buttarli via. E poi facciamo una pre-filtrazione, la filtrazione vera e propria è un attentato per il vino. Non vorrei avere troppo deposito nella bottiglia quindi faccio una pre-filtrazione molto leggera e poi lo metto in bottiglia e, ultimo problema, la solforosa, ci sono quattro possibilità:

1 non fate niente, in funzione della vostra agricoltura, del vostro vitigno, del vostro luogo, del vostro Ph, forse anche del luogo dove mandate il vino potete anche non far niente.

2 la solforosa, che l’industria fitosanitaria ha presentato come un nemico, ma non abbiamo mai visto un articolo che parla di quale tipo di solforosa, è come se diceste ‘ecco l’uomo’ ma voi avete un terrorista o Leonardo Da Vinci? tutti e due sono uomini e lo zolfo è uguale, se avete un’anidride solforosa di derivazione petrolchimica è uno zolfo molto denaturato. Se avete uno zolfo di derivazione vulcanico/minerale, quando c’è materia c’è sempre una componente di processo dello zolfo. Se avete uno zolfo vulcanico, 2 volte 2gr per ettolitro è più che sufficiente. Vi faccio presente che abbiamo una famiglia di piante che si chiamano crocifere, se non vogliamo lo zolfo bisogna proibire la senape, l’aglio, la cipolla, la rucola. Lo zolfo in se non è un pericolo, certo è una questione di dosi. Io ho scelto lo zolfo vulcanico, e ve lo dico così, di passaggio, non è neanche legale. Perchè uno zolfo sia legale bisognerebbe che fosse 100% puro e quindi industriale, lo zolfo vulcanico è puro al 99%.

3 Oggi ci sono molti vini che sull’etichetta hanno riportato ‘senza solfiti’, l’Acido Ascorbico, la vitamina C, oppure il solfato di Potassio, un veleno che la commissione di Bruxell dice di voler vietare da quattro anni ed  ancora non è stato fatto. Se voi vedete un bevitore appassionato che compra del vino in cui c’è scritto ‘senza solfiti’ e c’è il solfato di Potassio vi dico che è stato preso un po’ per i fondelli.

4 Possibilità, filtrazione sterile. Raccomando la vostra Associazione, per la vostra esperienza, di assaggiare un vino prima della filtrazione sterile e subito dopo la filtrazione, è un assassinio. E ridendo dico alla gente, non comprate più il vino ma prendete il filtro perchè il vino è rimasto la. Però è senza solfiti.

Tutte queste cose chiedono delle spiegazioni un po’ più profonde di quelle che vengono date normalmente, ma il testo per i consumatori è molto semplice: se voi volete distinguere la vera bellezza dalla cosmetica e dalla chirurgia estetica, voi dovete magari mettere su una cantina dove i vostri figli o i vostri nipoti come vostro ricordo potessero trovare delle vecchie bottiglie, avete da fare un test molto facile, comprate la bottiglia e prendete un mezzo bicchiere tutti i giorni e non la mettete in frigo, gli mettete soltanto il tappo sopra e non comprate la macchina per togliere l’aria e neanche quella per mettere il gas. A volte succede ai vini in biodinamica che magari non sono particolarmente interessanti appena stappati ma incominciano a prendere forma dopo due giorni dalla stappatura. Dopo 8 o 10 giorni avete la verità, l’ossidazione è una forza di morte, se il vostro vino non ha vita sarà distrutto dall’ossidazione in due giorni, come il cosmetico che si scioglie sotto la pioggia, invece quel vino che è vitale, quando è attaccato da una forza di morte è obbligato a difendersi. Se dopo dieci giorni dall’apertura il vino è ancora buono, posso garantire che quel vino vivrà nella bottiglia per più di venti anni. D’estate bisogna accorciare i giorni di un po’ e l’inverno potete andare anche a tre settimane. Questo è un test molto importante.

Milano, 24 Ottobre 2017

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I VINI IN DEGUSTAZIONE

Clos de la Coulée de Serrant 2013

Primavera anticipata, non un anno di luce e calore eccessivi, almeno 7 tisane di ortica sulla vigna per anno, un po’ di rosa canina, sempre valeriana, arnica minima dinamizzata in acqua per qualche ora.

Dorato/ambrato, balsamiche di pino, frutti tropicali maturi, morbido, rotondo, frutto agrumato, mielato, complesso, fresco, persistente.

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Clos de la Coulée de Serrant 2009

Anno luminoso, senza siccità eccessiva, annata classica che non capita più spesso.

Frutto tropicale, Lychees, melone, mango maturo,  mandarino, marzapane, frutta candita, sensazioni mentolate, armonico, strutturato, finale secco, lungo, caldo, fresco.

Lo vorrei avere sempre disponibile in cantina, quello che ho apprezzato maggiormente.

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Clos de la Coulée de Serrant 2003

Anno di calore, uva ‘cotta’, vendemmiato presto, il 6 di settembre

Intenso, marmellata, miele, caldo, morbido, burroso.

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Clos de la Coulée de Serrant 2002

Anno di grande luminosità come il 2009, vini densi, interiorizzati

Mandarino, biancospino, mentolato, bella acidità

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Clos de la Coulée de Serrant 2001

Molta Botrytis

Ambrato, impatto ferroso, zafferano, miele amaro, canfora, tamarindo, complesso

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Clos de la Coulée de Serrant 1995

Anno secco e caldo, vendemmiato presto

Marmellate, bucce d’arancio, mandarino, eucaliptolo, resina, mela gratuggiata, naso complesso, acidità, morbido, intenso.

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Clos de la Coulée de Serrant 1987

Minerale, agrumato, mentolato, mela gratuggiata, sapido, lungo, persistente

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L’ultimo consiglio del Sig. Joly è stato di non conservare il vino in sottosuolo cementato perchè il suolo deve respirare, e qui è crollata la mia autostima al pensiero del mio box sotterraneo adattato a cantina.

Luca Gonzato

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