Categoria: vini bianchi italiani

Sorpresa Semidano

Costa J Vacca Superiore 2016, Azienda vitivinicola Muxurida di Samatzai (CA).

Le uve del vitigno Semidano regalano a questo vino uno spettro di aromi davvero ampio. Profumo floreale di glicine, miele e resina di pino. All’assaggio è rotondo ed equilibrato, appagante, con sentori di polpa gialla di pesca, frutta secca ed erbe aromatiche come timo e rosmarino. Sapido, fresco e persistente. Molto molto piacevole.

Si è dimostrato ottimo sia servito fresco che con una temperatura via via più alta dopo circa un’ora. Più morbido ma con aromi sempre eleganti e gustosi.

Un vino che metterei in degustazione alla cieca a fianco dei rinomati bianchi di Bolgheri e di Borgogna. Sono certo che saprebbe sorprendere ed affascinare chiunque. 

Mi ha conquistato 😋❤️🔝.

Ps: ricordarsi di portare i calici da vino quando si affitta una casa vacanza.

Criseo, il super white-tuscan

Dopo il Vermentino nero di ieri, sono rimasto in Toscana per assaggiare un Vermentino bianco del 2017. È la prima volta che mi trovo davanti ad un Vermentino così complesso e robusto. Vero è che a partecipare all’uvaggio ci sono Fiano, Verdicchio, Petit Manseng e Manzoni bianco.

Il colore dorato è solo l’anticipo di una grande struttura dove il Vermentino si esalta ed escono aromi opulenti che mi ricordano miele, fieno, pesca gialla, glicine e salvia. La muscolatura si esprime nella spinta aromatica e nel volume alcolico del 14%, viene però bilanciato dalla vena sapida e dalla bella acidità. Un super white-tuscan che affina circa un anno sui lieviti in acciaio. Potenza ed eleganza contraddistinguono questo vino di Michele Scienza della Tenuta Guado al Melo, nella doc Bolgheri. a Castegneto Carducci (LI).

Mettetevi comodi ad assaggiarlo, magari con una spigola o un arrosto di vitello ad accompagnarlo. Da tenere in considerazione anche come sorpresa per gli amici che dicono di bere solo rossi. 

L’Albana aldilà del fiume

Deve essere il mese degli orange, ed è un piacere aggiungere questo Fricandò dell’azienda agricola “Al di là del fiume” alle degustazioni fatte. Siamo in Emilia, il terroir è quello emiliano di Marzabotto sui colli Bolognesi. Il vitigno è l’Albana, uno splendore di uva che nel Fricandò viene vinificata in anfora e regala un bel bouquet con sentori di miele, fieno, mele mature  e canditi. L’azienda opera in biodinamica, certificata Demeter. All’assaggio spicca una bella acidità e un leggero tannino che l’accompagna rendendola di grande piacevolezza.  Messa in tavola a 8/10 gradi, con il tipico piatto estivo a base di prosciutto crudo di Parma e melone, si fa sorseggiare con gran piacere. Un orange wine gustoso, fine e dal prezzo giusto. Da mettere nella lista degli acquisti senza indugi.

Annata 2019, volume alcolico 13,5%.

Azienda Agricola Al dilà del fiume sito web

Amedeo il Custoza di Cavalchina

Amedeo, Azienda Agricola Cavalchina dalla frazione Custoza di Sommacampagna (VR). È un bianco di Custoza Doc Superiore, da uve di Garganega 40%, Fernanda 30% (clone locale del Cortese), Trebbianello 15% (biotipo locale del Friulano/Tai) e Trebbiano (toscano) 15%.

La zona è famosa per il microclima del Lago di Garda e i suoli di origine morenica che conferiscono ai vini caratteristiche qualitative riconosciute sin dal ‘800 mentre le prime testimonianze di coltivazione della vite risalgono all’epoca romana. 

L’annata che ho nel calice è la 2018, ha toni dorati brillanti ed aromi intensi. Complesso nell’olfatto, regala sentori di fiori bianchi, fieno, miele. In bocca è rotondo e minerale, morbido e sapido, domina il floreale ma ci sento anche note di mela golden, agrume e mandorla amara. Il volume alcolico è del 13,5%, non poco per un bianco ma è bilanciato dalla fresca acidità (non svolge la malolattica). Ha un bel finale di frutta polposa ma non è molto persistente negli aromi una volta deglutito, lascia la bocca fresca e pulita invitando un nuovo sorso.

Il mix di uve origina un concerto armonico di sensazioni aromatiche. Bel Custoza, conferma di una denominazione ancora sottovalutata ma che offre ‘bianchi’ di gran qualità a ottimi prezzi. 

Il nome Amedeo, è un omaggio al Principe Amedeo I, secondogenito di Vittorio Emanuele II, che nel 1866, durante la Terza Guerra di Indipendenza, rimase ferito nella battaglia di Custoza e si guadagnò la medaglia d’oro al valor militare. La DOC Bianco di Custoza arrivò circa un secolo dopo, nel 1971 e il merito probabilmente fu proprio di Cavalchina che nel 1962 fu la prima a chiamare Custoza il vino bianco della zona.

Custoza, il bianco da provare o riscoprire.

Luca Gonzato

Alla scoperta dei vini Piwi di Pizzolato

Con l’assaggio di questi vini ho scoperto una bella realtà vinicola del Veneto, la Cantina Pizzolato di Villorba (TV). È un’azienda agricola che sin dai suoi esordi, nel 1981, ha orientato la sua produzione al biologico, ottenendo anche la certificazione Vegan. I vini Piwi che vi presento (da vitigni resistenti alle malattie fungine), sono così la naturale evoluzione di Pizzolato verso la più alta sostenibilità ambientale e per l’ottenimento di vini che superano gli standard del biologico in quanto a “naturalezza”. 

Ad accompagnare questo percorso c’è poi una forte identità di comunicazione che è impossibile non notare e che si esprime nelle etichette dei vini. Mi hanno subito incuriosito quei colori sgargianti così poco formali. Maneggiare queste bottiglie è stato divertente. Sono dettagli, se vogliamo ininfluenti nella degustazione di un vino, ma contribuiscono a raccontare le caratteristiche di un vino e la filosofia di una cantina.

La bottiglia è bassa e tozza, credo sia la bordolese imperiale. Le etichette, coloratissime, hanno un disegno a metà strada tra l’esotico/hawaiano e il techno/floreale. Il focus è sulla libellula, simbolo di naturalità e trait d’union della linea Piwi di Pizzolato. Fuoriesce sollevandosi con le ali, così che la si possa afferrare e sollevare insieme all’etichetta. Un modo divertente per scoprire il concept di “Visione. Partenza. Esplorazione. Evoluzione.”


Ho’Opa 2019, Pizzolato

Ho’Opa è “la meta”, (nome ispirato da un’antica lingua parlata dal popolo Hupa). Vino bianco frizzante col fondo, da uve di Johanniter. Vetro trasparente e tappo a corona mi dicono che è un vino da consumare giovane. Prima di versarlo bisogna capovolgerlo per rimettere in sospensione i lieviti depositati e poterli assaporare. Il vino ha riflessi verdolini e profumi che ricordano i frutti tropicali, l’ananas, il mango, poi i fiori bianchi e l’erba appena tagliata. All’assaggio si confermano gli aromi e si apprezza la bella freschezza ed effervescenza. Sul finale arriva una nota agrumata, penso al pompelmo. La leggera effervescenza lo rende dissetante e croccante. Ha solo l’11% di volume alcolico. È un vino per l’estate, da consumare molto fresco, magari nei bar del lungomare. Lo vedrei bene anche in bottigliette da 0,33cl in alternativa alla classica birretta. Da far uscire dal frigorifero una dopo l’altra, spizzicando una frittura di pesce.


Huakai 2019, Pizzolato

Huakai è “il viaggio”, (spostamento che si compie da un luogo di partenza a un altro nelle etimologie asiatiche). Vino bianco fermo da uve Bronner. Bel colore dorato e brillante. I profumi sono floreali, con sensazioni di grassezza e rotondità. Penso al glicine, al miele di acacia, a frutta gialla polposa. In bocca è caldo ed equilibrato. L’acidità ben presente lo rende facilmente bevibile. La sensazione gustativa si sposta sulla pesca gialla e sui frutti tropicali. Nel finale si percepisce una certa mineralità e il ritorno della fragranza floreale. Qualcosa mi ricorda gli Chardonnay passati in legno. In effetti, guardando la scheda del produttore, posso spiegarmi la sensazione con il fatto che il 10% del mosto fermenta in barrique di rovere per circa tre mesi e riposa poi sui lieviti per quattro mesi. Il volume alcolico è del 13%. Mi piace molto, lo trovo armonico, complesso e di grande piacevolezza, ha anche un ottimo rapporto qualità/prezzo. Spigole e orate sono in fila per farsi accompagnare.


Konti-Ki 2019, Pizzolato

Konti-Ki è “il mezzo” (la zattera usata dall’esploratore e scrittore norvegese Thor Heyerdahl nella spedizione del 1947 attraverso l’Oceano Pacifico dal Sud America alle isole della Polinesia). Un vino rosso fermo, senza aggiunta di solfiti, da uve di Merlot Khorus, Cabernet Cortis e Prior. Colore intenso rubino/amaranto. I profumi sono fini ed eleganti di piccoli frutti rossi in confettura, viola ed aromi balsamici, mi ricordano la mentuccia e la lavanda. All’assaggio è un’esplosione di piccoli frutti, penso a marasca, ciliegia, lamponi, mirtilli. Sul finale c’è una gradevole nota vegetale. I tannini sono sottili e si lascia degustare con gran facilità. Il volume alcolico è del 12,5%. Non è lunghissimo nella persistenza ma lascia un bel retrogusto di ciliegia che in qualche modo ricorda la Lacrima di Morro d’Alba. Non dovrei fare paragoni ma mi ha acceso questa lampadina. Ha un corpo snello che ben si adatta ad accompagnare diversi piatti. L’ho degustato fresco, è giugno e ci sono 25° a Milano. Aver abbassato la temperatura di un paio di gradi ne ha esaltato la fragranza, è uno di quei rossi da bere con piacere anche d’estate. Penso a questo vino come ad un vino dell’accoglienza, per quando viene qualcuno a trovarti e metti la soppressa veneta sul tagliere, basta poi un pezzo di pane per formare il trittico perfetto… (ma questo è scontato), varrebbe la pena di fare un delivery dal ristorante indiano con il pollo tandoori e provare l’abbinamento. 


Dopo aver degustato questi tre vini della Cantina Pizzolato, e un paio di altri da vitigni tradizionali, mi sento davvero soddisfatto e mi complimento con chi lavora in questa realtà. A parte la qualità dei vini, ho visto una strategia di comunicazione forte, diversa e intrigante. L’indirizzo specifico di questi vini, dedicati ad un pubblico giovane e ad un consumatore attento, gli fanno guadagnare un posto nuovo nel panorama vinicolo, un luogo tutto da scoprire, fatto per chi ama viaggiare.

Luca Gonzato

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