Categoria: sangiovese

Centomani 2020, Podere Panta Rei

La temperatura scesa di un paio di gradi mi ha fatto venir voglia di stappare un rosso, un grande rosso.
Centomani arriva dalle colline Pisane, le uve sono di Sangiovese al 100%.
Al naso esprime complessità: more e ciliegie sotto spirito, cuoio, legno maturo, cioccolato, erbe officinali, note etere, canfora… sono tanti gli spunti olfattivi che offre.

Nel palato entra con eleganza, come una carezza sul velluto, l’acidità è viva ed equilibrata, lo lascia scorrere per poi lasciarsi sottomettere da sensazioni calde e avvolgenti. Ha il 14,5% di volume alcolico. Si percepisce il peso robusto sulla lingua. Quando arriva in fondo lascia aperte due strade, la prima indica un tannino gentile che vuole essere accompagnato da una pietanza adeguata, mentre la seconda prosegue in una persistenza aromatica di frutti rossi-neri macerati e fiori passiti.

La forza muscolare non è grezza ma bensì fine ed elegante. È un gran bel vino. La vinificazione è particolare, le uve sono diraspate a mano, l’uva rimane intatta e rilascia il succo poco a poco durante il processo di fermentazione. Affina due anni in tonneaux di rovere francese e un anno in bottiglia.

Centomani sono quelle che ti stringono in un caloroso abbraccio gustativo, raccontano di un vino fatto bene da Alberto bellini di Podere Panta Rei. Un vino rispettoso della natura e tanto tanto piacevole. Memorabile!

Gotico 2016, Ciù Ciù

Piceno DOC Superiore – Biologico/vegano

Prendi un cestino e mettici dentro la confettura di ciliegie, le spezie di vaniglia e cacao, passa dal bosco e raccogli qualche muschio, poi sali in collina e accendi Spotify con Sananda Maitreya. Non sai chi è?, ricordi il brano Rain di Terence Trent d’Arby?, è la stessa persona solo che dal 2001 ha cambiato nome. Vive da anni a Milano, quest’anno è uscito un suo doppio album (Pandora’s PlayHouse) che è perfetto per accompagnare le note gustative del Gotico Ciù Ciù e la domenica.

No, non sono in collina, dalla terrazza vedo i palazzi dello Stadera, che se fossero colline vorrei fossero quelle di Offida. Ma mancherebbe il mare e l’Idroscalo è solo un lago artificiale, pista per idrovolanti. L’unico vero legame di questo vino sembra essere il colore rosso che a Milano significa stare a casa per il rischio contagi.

Il rosso Gotico è decisamente meglio, per il 70% di Montepulciano e il 30% di Sangiovese. Due varietà che insieme parlano dell’Italia, di macchia mediterranea e di vini naturali.

Nel Gotico di Ciù Ciù si apprezza la succosità e l’armonia associata ad un corpo robusto e caldo del 14% di volume alcolico. Dettagli che potrebbero essere sintetizzati in due aggettivi, espressivo ed emozionale. I tannini sono setosi e la persistenza è abbastanza lunga da farti immaginare una vacanza nel Piceno.

Da provare.

Casavecchia alla Piazza 2017, Chianti Classico, Buondonno

Le note di erbe balsamiche suonano in lontananza. Caldo e succoso spreme la ciliegia sulla lingua mentre intorno echeggiano note di tostatura in legno e spezie. Di corporatura robusta veste con eleganza i tratti tipici del Sangiovese.

Il gallo nero gonfia il petto e mostra un piumaggio rosso rubino splendente. I tannini sono la carezza di una piuma mentre intorno danzano le fragranze fruttate e le morbidezze alcoliche (14,5%). C’è armonia e potenza, ma anche la sensazione di storicità nella percezione di assaggiare un vino che senti arrivare da lontano.

Una tradizione vitivinicola evidenziata già dal 1549 nel Podere Casavecchia alla Piazza di Castellina in Chianti. Dal 1988 il Podere è di proprietà di Gabriele Buondonno che lo conduce in regime biologico certificato e biodinamico (Triple A), assicurando il giusto rispetto alla terra e la continuità di una tradizione secolare. Le uve sono coltivate sui 400 m/slm su terreno argillo-calcareo con abbondante scheletro pietroso. La vinificazione è con lieviti indigeni in acciaio e cemento a cui segue un anno di affinamento in legno e poi in bottiglia.

Il gallo nero di Casavecchia alla Piazza è in splendida forma.

AVI 2017, SanPatrignano

Ovvio, sono tra quelli che ha visto la serie SanPa su Netflix. Un documento interessante sulle tossicodipendenze e sulla risposta data dalla comunità di SanPatrignano. Gli avvenimenti sono a mio parere raccontati con obiettività, le pagine scure sono una parte della storia ed è giusto ricordarle, così come le tante vite salvate.

Tra le numerose attività della comunità c’è quella vinicola e così mi è venuta la curiosità di assaggiare uno dei loro vini. È anche un piccolo modo per sostenere questa comunità tuttora in funzione. Ho scelto un vino simbolo, quello dedicato al fondatore, AVIncenzo. È un Romagna Sangiovese Doc Superiore della Riserva 2017. 

Le uve sono coltivate in collina, a circa 200m di altitudine in prossimità della comunità, a Coriano (RN). Il Sangiovese è stata tra le prime varietà coltivate a SanPatrignano. Dai primi vini, semplici e beverini, si è passati con gli anni a vini sempre più curati e strutturati. L’AVI ha conquistato nel tempo il riconoscimento delle più prestigiose guide, la 2017 è citata con 93pt da Doctor Wine (Cernilli) sulla sua guida 2021. 

Nel calice è limpido, dal tono rubino abbastanza trasparente. Il profumo è pulito ed equilibrato, di marasca e di more, con note di tostatura e vaniglia. In etichetta è riprodotta un’opera di Luca Pignatelli, la sovrapposizione degli elementi sembra anticipare visivamente le sensazioni gustative del vino. Succoso e fruttato in superficie, si appoggia su uno strato di tannini vellutati e un corpo caldo. Si allunga poi su sentori fruttati in confettura e di affinamento in legno (18 mesi in botte grande), mantenendo una lunga persistenza. 

Bel vino, armonico e piacevolmente beverino seppure il volume alcolico sia del 14%. Chiude con un riflesso speziato, ricordi di chiodo di garofano e liquirizia. Complimenti ai ragazzi di SanPa e al nuovo enologo Luca DAttoma. È un vino di corpo, energico e dinamico, come lo era quel Muccioli che ho percepito vedendo il documentario, un bel modo per ricordarlo. AVI 2017 SanPatrignano.

Luca Gonzato

Carmignano 2016, Terre a Mano

Quant’è bella giovinezza – che si fugge tuttavia

Chi vuol esser lieto, sia – di doman non c’è certezza.

Lo diceva il bisnonno di Caterina, Lorenzo De’ Medici …il Magnifico.

A Caterina, di madre francese, sposa e regina di Francia si narra vada il merito d’aver portato il vitigno Cabernet a Carmignano in Toscana. In questa Docg è infatti previsto un uvaggio che contempla fino al 20% di Cabernet (Sauvignon e/o Franc), insieme al Sacro Sangiovese.

La denominazione comprende il comune di Carmignano e quello di Poggio a Caiano nella piccola provincia di Prato. 

Il vino che assaggio arriva dalle colline del Montalbano, nella frazione Bacchereto di Carmignano. La tenuta, originaria del XV secolo, della famiglia De’  Medici, è dal 1925 proprietà della famiglia Bencini Tesi. Arriviamo quindi  ai giorni nostri con Rossella Bencini Tesi che conduce Terre a Mano, Fattoria di Bacchereto, produttrice del vino che presento.

Visto che “di doman non c’è certezza”. ho ignorato i 31° di temperatura e il 14,5% di volume alcolico di questo Carmignano. Avevo proprio voglia di un rosso con gli attributi da abbinare ai noodles con manzo e verdure preparati per cena (no comment, non c’entra niente la cucina asiatica con il Sangiovese ma tant’è, comunque non era nemmeno male e ho felicemente apprezzato il prevalere del vino sul cibo).

Il vino. Colore intenso e begli archetti lenti a scendere sul calice. I profumi sono tanti, puliti. Si va dal floreale di viola, al frutto di ciliegia e gli aromi di sottobosco e speziati di cannella e cacao. All’assaggio è imponente, mantiene una sua freschezza che percepisco nella salivazione e nella nota vegetale retronasale.

I tannini sono in formazione, compatti e pronti ad assaltare qualunque taglio bovino, perfettamente ordinati e distesi sul campo.

Non importa il caldo, questo è un vino che ti accompagna anche dopo la cena, quando con l’oscurità arriva il fresco e si agevola la meditazione o l’ennesima serie su Netflix,. A proposito, l’ultima che ho visto è Biohacker ma ho preferito la 5a stagione di Vis a Vis, e  tu?.

Reload.

Carmignano Terre a Mano 2016. È un vino da agricoltura biodinamica, fermentazione con lieviti autoctoni e affinamento in tonneaux per 12-18 mesi. La cantina è associata “Triple A” (Agricoltori, Artigiani, Artisti). L’uvaggio è Sangiovese 75%, Canaiolo Nero 10% e Cabernet Sauvignon 15%. 

Ottimo vino, sano. Il frutto rosso ti accompagna e la maestosità del blend regala complessità, piacevolezza e persistenza. “Bella giovinezza” e bella anche l’evoluzione di questo Carmignano che definirei trentenne se fosse una persona. Ha ancora molti anni davanti prima di dire “di doman non c’è certezza”.

Prosit

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