Categoria: chardonnay

Esperti in Franciacorta, da Ferghettina

Una giornata in famiglia, anzi due, quella di Onav e quella di Ferghettina 🥂❤️🍾 in Franciacorta, ad Adro, nel regno della bollicina italiana. L’occasione è stata la consegna dei diplomi di Esperti Assaggiatori.

Ferghettina produce vini dal 1991. Sono 200 gli ettari coltivati e circa mezzo milione le bottiglie prodotte. Il nome Ferghettina deriva dal primo appezzamento acquistato ad Erbusco. Ambiente giovane e familiare in Ferghettina, bellissima la struttura con annessa cantina sviluppata su tre livelli.

Sono sette le versioni di Franciacorta prodotte, una scelta che esalta sui vini le differenze dei diversi terreni della proprietà. Impressionanti i 150 serbatoi di vinificazione ma ancor di più il caveau dove sono conservati i campioni di tutte le annate.

Per festeggiare il diploma ci siamo spostati nella terrazza con vista sulle vigne e abbiamo assaggiato tre belle espressioni di Franciacorta baciate da sole. Ferghettina Brut (85% Chardonnay e 15% Pinot nero), bella bollicina, agrumata, fresca in ingresso, piena e rotonda nel finale quasi burroso. Poi il Milledì, 100% Chardonnay, nella tipica bottiglia a base quadrata brevettata da Ferghettina. La forma quadrata consente una maggiore superficie di contatto dei lieviti che, all’opposto, nelle bottiglie tradizionali, occupano solo una striscia (a bottiglia sdraiata). Beh, questo Chardonnay mi è piaciuto molto per la sua finezza ed eleganza. Il terzo ed ultimo assaggio è stato un grande ed apprezzato regalo offerto da Ferghettina, l’Eronero 2009. Spumante 100% Pinot nero che è stato sui lieviti 5 anni ed ha poi riposato in bottiglia per presentarsi oggi in una forma smagliante. Rosato ramato con una complessità olfattiva davvero interessante. Spiccano sentori di rabarbaro e caramello ma anche di piccoli frutti rossi. Il sorso è appagante sotto ogni punto di vista, ti trasporta lontano, senti qualcosa di speciale che solo l’età può dare.

Complimenti a Ferghettina per l’alta qualità dei suoi Spumanti e ad Onav per la bella giornata passata insieme. Grazie a tutti ed in particolare a Giovanna, Roberto e Tommaso con i quali ho condiviso il percorso di studi e tante degustazioni.

Luca Gonzato

Australian Chardonnay Koonunga Hill

Niente male questo Chardonnay australiano, morbido, quasi burroso, bella freschezza, fruttato, pesca gialla e ananas con un finale che mi ricorda la frutta secca, mandorle, arachidi. Buona la persistenza e il retrogusto dolciastro. Questa la mia breve analisi. Mi fa ridere che le descrizioni di questo Chardonnay, in vari siti di vendita online, sono molto diverse tra loro, …ora c’è anche la mia 😏 l’unica cosa che ci accomuna è il positivo giudizio generale. La riflessione che faccio è che lo stato d’animo, il momento o la situazione possono influire sulla percezione di un vino e farcelo risultare migliore o peggiore. Ad esempio i vini degustati in cantina sono sempre eccellenti, sei dentro la pancia della madre e non puoi che percepirne tutti gli organi che lo hanno messo in vita… poi a casa, dopo qualche mese, stappi la stessa bottiglia e lo senti in modo diverso, meno presente e coinvolgente. Ribadisco che questo Penfolds Koonunga Hill Chardonnay 2016, non è niente male, equilibrato e significativo nell’espressione ma se lo avessi assaggiato lí, in Australia, ne sarei tornato con un giudizio magnifico, invece l’ho degustato a Milano, dopo una giornata ‘impegnativa’ con mia madre che non ricorda i nomi dei suoi figli… Quindi, stato d’animo + o – smart = percezione diversa. Un sommelier o assaggiatore dovrebbe dare solo un giudizio ‘tecnico’ in pochi secondi, stati d’animo ecc. sono solo seghe mentali che niente hanno a che vedere con la degustazione. Io però considero anche queste variabili, perchè non ho alcun vincolo a limitare il mio giudizio e ciò che scrivo. Una visione più romantica, nella quale lascio che il vino mi racconti qualcosa oltre alle sue caratteristiche tecniche, lascio che mi stuzzichi l’immaginario e mi suggerisca qualcosa di suo aldilà di profumi, corpo ecc.. Oggi il mio giudizio secondario è: ottimo vino da meditazione 🧘‍♀️.

Luca Gonzato

Wine Days Italy, 11-13 maggio 2018 al Base di Milano

Quarantatré i banchi di degustazione presenti nei quali produttori o distributori accoglievano il pubblico con calore e grande voglia di farsi conoscere ed apprezzare per i propri vini. Non mi ero preparato una scelta di cantine e quindi mi sono spostato tra i banchi d’assaggio con l’unica regola di degustare prima i bianchi e poi i rossi.

Modeano, riviera del Friuli zona Latisana. Ribolla gialla, Malvasia Istriana e Sauvignon blanc, quelli assaggiati. Ben fatti, freschi e piacevoli con una bella sapidità e acidità. Simpatica ed esaustiva la titolare che presenziava. Se avete in previsione di andare a Jesolo o Bibione fate rifornimento da loro.

Villa Angarano di Bassano del Grappa con la loro interessante e gradevole Vespaiola, il rosé da Merlot perfetto per un aperitivo e lo Chardonnay Cà Michiel, spettacolare, può tranquillamente essere messo sullo stesso piano degli Chablis francesi. 

Tenuta San Marcello, Marche, Verdicchio dei Castelli di Jesi e Lacrima di Morro d’Alba, accoglienza super amichevole, ottimi vini da terreni calcarei argillosi con grande struttura e complessità. Mi sono ripromesso di fargli visita quella settimana d’agosto che sarò nella loro zona e fare scorta.

Terre Astesane, Mombercelli (Asti), un inusuale Sauvignon Blanc, ed alcune Barbera i miei assaggi della loro numerosa produzione. A fine giro sono poi tornato per acquistare la versione ‘Anno Domini’ di Barbera, fatta da una selezione di vigneti e uve. Bel frutto rosso e freschezza con tannini setosi, elegante ma allo stesso ‘di compagnia’ per una corposa cena con gli amici. Anche loro molto cordiali e disponibili ad ogni delucidazione.

Cantina dei Vignaioli del Tortonese (Alessandria), con il celebre ed ottimo vino bianco Derthona Timorasso, in compagnia dell’enologo Umberto Lucarno che mi ha illuminato su tante cose e che ringrazio per avermi fatto scoprire il vitigno Cellerina (rosso) che spero di vedere presto sugli scaffali delle enoteche.

Bulichella di Suvereto (LI), con il loro grande Syrah. 

Produttori di Govone (Cuneo), dove Marco è stato coinvolgente nel farmi assaggiare Albarossa, Ruché di Castagnole Monferrato, Barolo e Arneis Passito. Uno meglio dell’altro ma a colpirmi e farmi aprire il portafogli sono stati il Ruché con i suoi profumi di frutti tropicali e spezie, ed il Passito di Arneis, dolce ma bilanciato da notevole acidità ed elegante aromaticità.

A questo punto è suonato il campanello d’allarme a dirmi che stavo per superare la linea rossa oltre la quale il piacere di degustare si sarebbe trasformato in una sbronza, per cui mi sono avviato all’uscita e mi sono goduto la passeggiata fino a casa attraverso i Navigli affollati di turisti. Il Base (ex fabbrica Ansaldo), non lo conoscevo, bella struttura polifunzionale, animata e adatta anche per una puntatina con marmocchi al seguito. Streetfood, bancarelle, musica, tutto bello, poi se ti sei bevuto qualche calice prima lo è ancor di più.

Luca Gonzato

Sì lo Chardonnay e che Chardonnay!

Vie di Romans Chardonnay 2015

Prima però il ‘pippone’ introduttivo sullo Chardonnay: coltivato in tutto il mondo è tra i pochi ad essere considerati vitigni internazionali, vinificato in tanti modi, secco, frizzante, spumante, in purezza o nei vari blend. Originario della Francia in Borgogna, la famosa Cǒte d’Or, nel paese di Chardonnay a cui deve il nome. Da questa zona arrivano i migliori Chardonnay al mondo, Yonne, Chablis, Montrachet, Mâconnais Lo ritroviamo come ‘base’ per le bollicine più nobili nella Champagne, in blend con Pinot Noir e Pinot Meunier, o da solo nei famosi Blanc de Blanc. In Italia, solo per citare qualche località, in Franciacorta dove è anche spumantizzato da solo nella versione Satén, in Trentino, Oltrepò Pavese, Alta Langa ecc., praticamente ovunque in versione secca. Lui c’è sempre. Lo conosco dall’adolescenza, quando vivevo in provincia e nei baretti si chiedeva uno Chardonnay, non un Prosecco, che all’epoca era sconosciuto dalle mie parti. Tra i suoi marcatori olfattivi più ricorrenti ci sono l’ananas e la banana, poi chiaramente in base a terroir, lieviti, affinamento ecc. ci puoi trovare altri fiori e frutti, dipende. Puoi berti uno Chardonnay ‘bananoso’ e banale da tre euro oppure puoi berti uno Chardonnay che ti farà venir voglia di rimetterlo tra i tuoi vini preferiti, come nel caso di questo, prodotto da Vie di Romans. La Cantina di Mariano del Friuli, si trova nella denominazione Friuli Isonzo, nella parte est della regione tra il Collio che gli sta sopra e il Carso sotto, al confine con la Slovenia. I vitigni Rive Alte da cui provengono le uve di questo Chardonnay, sono nella zona tra Gorizia e Cormòns, i terreni sono prevalentemente composti da argille e ghiaie rosse (determinate dalla presenza di ferro) e strati calcarei. Rive Alte è una zona più fresca rispetto alle altre della Doc, in cui le escursioni termiche sono accentuate. In questa zona soffia anche la bora ed influisce la vicinanza del mare. Si ok, basta, ho finito il ‘pippone’ introduttivo, adesso ti dico del vino: si presenta di un giallo paglierino intenso e cristallino. Consistente nel bicchiere, all’olfatto è invitante con bella nota balsamica, aromi di frutti gialli come l’ananas e la pesca gialla, una mandorla amara. Al gusto è sul frutto maturo, ananas, banana, pesca gialla, frutti tropicali, sapidità e acidità bilanciate da bella morbidezza quasi burrosa, la bocca ne è avvolta come da una patina, è lungo, il frutto ti rimane in bocca. Inizialmente assaggiato a 11 gradi ed ora, assaggiandolo ad una temperatura più alta, intorno ai 15, lo trovo ancora meglio, è proprio così, a temperatura più bassa si accentuano le durezze, acidità in primis e viceversa a temperatura più alta vengono esaltate le morbidezze (alcoli, polialcoli, zuccheri). Sono lì che aspetto delle note fumé che mi sembra vengano annunciate e invece no, chiude alla perfezione con questo frutto polposo e una bella mineralità che ti lascia la lingua pulita, non credo la bottiglia vedrà un domani, lo lascio lì, faccio altre cose, torno e lo riassaggio, ma quanto è bello sentire tutte le sfumature che ha un vino? ti cambia nel bicchiere, è vivo, non tutti si comportano così, è un gran vino. Sebbene la Cantina ne indichi una vita superiore ai 20 anni io lo trovo perfetto già così, intrigante e per nulla scontato, gran Chardonnay, molto meglio di alcuni Chablis che mi è capitato di assaggiare.

Luca Gonzato

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