Il Borgogna rosso Couvent des Jacobins è un Pinot Noir ottenuto dall’assemblaggio di vini selezionati provenienti da tutta la Côte d’Or – da Gevrey Chambertin a Maranges, nelle Hautes Côtes de Beaune e nelle Hautes Côtes de Nuits – ma anche dalla Saône et Loire nel sud (Mercurey, Givry.. .). Sono il risultato di una vinificazione tradizionale e un affinamento da 8 a 10 mesi in botti o in vasche d’acciaio inox prima di essere riuniti per l’imbottigliamento.
Alla vista si presenta sgargiante di un bel rosso rubino carico.
Olfatto, pulito, intenso e tipico del Pinot noir. Trovo un piccolo frutto rosso di bosco, la rosa rossa e una nota balsamica all’orizzonte.
All’assaggio si hanno sensazioni contrastanti. L’ingresso e quasi polveroso, terroso, in una percezione che porta poi ai sentori di sottobosco. Si scandiscono nel retrogusto i frutti rossi accompagnati da una sapidità minerale e da ricordi salmastri e balsamici che confermano l’olfatto. C’è complessità, su questo non c’è dubbio.
Ha corporatura che traspare in ogni piega che prende nel palato. Il volume alcolico è del 12,5%, pensavo fosse superiore perchè è un vino che scalda e avvolge.
Ha tante sfaccettature che si possono scoprire. Si trovano sfumature del passaggio in legno ma anche quella freschezza aromatica del ‘solo’ acciaio. Ogni Pinot noir che concorre lo fa aggiungendo qualcosa di particolare che poi come in un patchwork disegna qualcosa di unico.
Potrebbe essere una nota negativa questa del patchwork, come dire, facciamone uno con un po’ di questo e di quello ed invece gli conferisce una personalità che lo differenzia.
Equilibrio e persistenza sono notevoli. Rimane questa sensazione minerale salina associata al frutto che chiama l’abbinamento ad un cibo succulento. Forse pecca un pochino in eleganza ma se paragonato a tanti altri Pinot neri italici questo è di gran lunga meglio.
Guardando il sito di questa cantina ho notato la vastissima produzione ed ora vorrei proprio salire di livello, questo può essere ritenuto un approccio alla cantina, si parte davvero bene.
Persone e vini veri alla fiera Viniveri 2019 svoltasi a Cerea (Vr). Sono stati 132 i produttori che hanno animato il grande salone dell’Area EXP che, ironia della sorte, ha avuto le sue origini nel 1908 come fabbrica di concimi chimici e che grazie al comune di Cerea è stata poi recuperata nel 1995 e convertita a polo espositivo. Oggi i protagonisti in questo spazio sono coloro che hanno bandito dalla loro produzione ogni sostanza di derivazione chimica e che offrono quel genere di vini che possiamo definire naturali. Praticamente operano tutti in biologico o biodinamico. Ad accomunarli sotto il cappello di Viniveri è il rispetto di un manifesto che prevede regole chiare di coltivazione e di lavoro in cantina e la passione per le cose sane e rispettose della natura.
Avevo grandi aspettative per questa fiera, anche perchè l’avevo scelta al posto del mastodontico Vinitaly che partirà tra un paio di giorni. Aspettative pienamente soddisfatte dai quasi sessanta assaggi fatti e dalla conoscenza di tante belle persone, vere come i loro vini. C’era un bel clima, scanzonato ma anche professionale nell’approfondimento delle tematiche produttive. Bello vedere tanti coniugi, familiari ed amici che dietro i banchetti si adoperavano nel racconto e nella mescita. Ero in compagnia dell’amico sommelier Sasha e di un centinaio di altri soci Ais arrivati in pullman da Milano. Praticamente una gita di giovani quarantenni e più che volevano godersi una giornata intera di assaggi senza l’ansia di dover poi guidare. A far da portabandiera l’immancabile e mitico Hosam.
La regola era implicita, ‘bollicine, bianchi, rossi, passiti’, così gran parte di noi si è diretta ai banchi di Champagne mentre io e Sasha abbiamo optato per la cantina slovena di Slavček e i loro spumanti da Ribolla più Riesling e Rosé da Refosco. Il primo l’ho trovato proprio bello con i suoi sentori agrumati di pompelmo e di nespola. Più particolare il rosé dalla lieve vena tannica.
Siamo poi tornati dalla simpatica coppia di produttori per assaggiare anche i bianchi da uve con brevi macerazioni e i rossi. L’azienda è anche TripleA (agricoltori, artigiani, artisti), segnalo il loro Pinot Grigio 2015 e la Ribolla riserva tra i migliori. Si trovano a Dornberk (Dorimbergo) nel Collio Sloveno, a pochi km da Nova Gorica e dal confine italiano.
Salto in Champagne da Christophe Mignon dove c’è l’importatore a coinvolgere e far ridere gli astanti con le sue battute dallo spiccato accento veneto. Ottimo il Brut da Pinot Meunier 60% e Chardonnay 40%. Più austero il Brut Nature da Meunier 100%.
Eccoci poi da Aci Urbajs l’eccentrico produttore di Organic Anarchy, linea di vini bianchi dalle lunghe macerazioni e nessun uso di solfiti. Chardonnay 2015, Pinot grigio 2016 e 2017 e il Radicali ‘0’ 2017 blend di Chardonnay, Riesling e Kern (gran vino, complesso e lunghissimo con piacevoli note di miele).
I vini di questa cantina mi ricordano molto quelli di Nicolas Joly, padre della biodinamica e produttore della Aoc Savenniers nella Valle della Loira. Interessante assaggiare il Pinot grigio decantato da alcune ore ed evoluto con aromi molto diversi ed intensi. Le etichette dei vini rappresentano in modo chiaro lo stile di questa cantina che produce vini unici, tra i migliori assaggiati oggi. Si trovano anche loro in Slovenia ma molto più nell’entroterra e vicini all’Austria.
Sono seguiti poi gli assaggi di Mas Des Agrunelles, nel Languedoc francese. Un blend molto piacevole di Grenache Blanc e Marsanne (50/50) ed un Viogner.
La cantina seguente è stata l’austriaca Nikolaihof Wachau dove erano presenti la produttrice, l’importatore e una magnifica sequenza di 4 Gruner Veltliner di annate diverse e altrettanti Riesling. Un assaggio meglio dell’altro. Le annate hanno evidenziato una bella evoluzione olfattiva che andava dal frutto fresco della 2017 alla sempre maggiore presenza di idrocarburi nelle 2014 e 2011. Tra i miei preferiti il Veltliner 2010 e il Riesling 2014 dove si percepiva una bella presenza armonica di frutto e idrocarburo.
Il passo successivo ci ha portato in Alsazia al Domain Valentin Zusslin dove abbiamo assaggiato uno strepitoso Riesling Neuberg 2014, al Top della giornata di assaggi. Elegante, intenso nei profumi tipici ed armonico. Visto che l’Alsazia è anche patria dei migliori Gewurtztraminer abbiamo provato il Bollenberg con residuo zuccherino. Il sommelier è stato molto bravo a servirlo freddo, quasi ghiacciato. È risultato molto piacevole e bevibile con un bel frutto tropicale fresco. Qualche grado in più e avrebbe rischiato di essere percepito come stucchevole.
E i vini italiani? Eccoci da Gino Pedrotti in Trentino vicino al lago di Cavedine in provincia di Trento. Ad accoglierci il giovane titolare Giuseppe Pedrotti che è davvero una bella persona, simpatico e pronto ad esaudire ogni nostra curiosità. Tutti i loro vini hanno un filo conduttore che è l’eleganza, non quella dei lustrini ma quella delle cose fatte bene con pochi ingredienti. Uva, terra, clima, passione e una conduzione familiare. Abbiamo assaggiato la bella Nosiola 2017 (vitigno autoctono Trentino) poi uno Chardonnay 2017 e il blend di Chardonnay e Nosiola dell’etichetta L’Aura, gran bianco che consiglio di assaggiare.
Poi il rosso Rebo (vitigno ottenuto da Teroldego e Merlot) ed un magnifico Vino Santo Trentino del 2002, ottenuto da uve di Nosiola passite e botritizzate a cui segue una lenta fermentazione ed un lungo affinamento che arriva fino ai dieci anni. Non esagero a dire che è uno dei migliori passiti mai bevuti.
A questo punto l’amico Sasha si sgancia per una degustazione di sigari e vino ed io approfitto per approfondire le mie conoscenza sui vini di una regione ingiustamente poco considerata, il Lazio. Mi spiace non avere immagini di ognuno ma a volte mi perdo nella degustazione dimenticando di scattare le foto. Da Milana Gioacchino di Olevano Romano (Rm) ho assaggiato una Malvasia 2017 e un blend di Malvasia e Trebbiano sempre del 2017 che mi è piaciuta parecchio. Poi il rosso Cesanese (di Affile), dalle belle note fruttate e dalla facile beva. Anche qui una bella famiglia a presentare i propri vini.
Nei banchetti seguenti, con produttori della stessa regione, ho trovato i ragazzi di Noro Carlo in Labico (Rm) ed assaggiato la sorprendente Passerina, in quanto non conoscevo la versione laziale di questo vitigno che qui si esprime con gran corpo e profumi intensi rispetto alle ‘sottili’ Passerine marchigiane. Assaggiato anche il loro Cesanese del Piglio da suoli diversi dove era evidente la grande struttura e i diversi marcatori fruttati tra uno e l’altro, dalle more alla ciliegia e amarena. Finezza e struttura a seconda del suolo di terre rosse ricche di ferro oppure argillose compatte.
Un passo più in là e mi trovo dal produttore La Visciola di Piglio (Rm) dove assaggio 5 versioni di Cesanese del Piglio da diversi Cru. I vini di questa simpatica coppia sono incredibilmente buoni, pur avendo ognuno delle diverse sfumature si esprimono come gran rossi degni di accompagnare le carni più saporite. Al palato i vini sono vellutati, caldi, con frutto carnoso ed una bella spalla acida. I tannini sono perfettamente integrati. Peccato che se volessi acquistare qualche loro bottiglia dovrei per forza recarmi nella loro cantina. Se vi capita di trovarne una da qualche parte non fatevela scappare.
Tornato Sasha ci dirigiamo al banco di Oasi degli Angeli di Cupra Marittima nelle Marche, “mica ti vorrai lasciar scappare la possibilità di assaggiare i loro grandi vini!” Il Kupra da uve Bordò (una specie di cannonau), grandissima espressione di piccoli frutti rossi e di erbe aromatiche di macchia mediterranea a cui fanno da cornice eleganti note di affinamento in legno. Poi il Kurni, meravigliosa creatura 100% Montepulciano. Rotondo, spesso, solare, un vino che vorrei sempre avere in cantina. Purtroppo la loro produzione è molto limitata e di conseguenza il costo/valore di ogni bottiglia è elevato. Apprezzo molto e ringrazio i titolari Eleonora Rossi e Marco Casolanetti per aver presenziato questo evento e dato così la possibilità a tanti appassionati di assaggiare i loro vini. (la faccia sulla foto è seguente alla mia richiesta di poter scattare 🤣)
Altro produttore eccellente trovato a Viniveri è stato Rinaldi, piemontese di Barolo dove ho assaggiato i due Baroli presenti, il Tre Tine 2015 e il Brunate 2015. Entrambi di grande eleganza e finezza. Buoni ma sono certo che tra qualche anno avranno tannini più integrati ed una migliore armonia generale. Mi spiace non averli compresi fino in fondo, forse l’assaggio è stato penalizzato dai precedenti assaggi di rossi con aromi molto presenti.
Una puntata in Spagna da Uva De Vida di Castilla nella Mancha. Qui abbiamo assaggiato alcune versioni da uve Graciano e Tempranillo. Rossi potenti, talvolta ruvidi e con sentori selvaggi, di cuoio, cavallo e carne macerata. Poi all’azienda La Senda con gli ottimi rossi da uve Mencia e Palomino.
A questo punto è diventato difficile continuare a degustare con obiettività e quindi ho smesso di prendere appunti e mi sono goduto gli ultimi assaggi per puro piacere. Dopo poco è arrivato il momento di recarsi al pullman per il rientro.
Siamo tornati felici verso Milano, con qualche nozione in più sui vini naturali e con le papille gustative che danzavano. Spero di esserci anche l’anno prossimo con nuovi vini e persone vere da conoscere.
Luca Gonzato
Note:
Le regole di produzione che sono tenuti a rispettare i produttori del consorzio Viniveri riguardano sia le operazioni in vigna che quelle in cantina. In vigna non è consentito l’uso didiserbanti e/o disseccanti, concimi chimici e viti modificate geneticamente. Nei nuovi vigneti si introducono piante ottenute da selezione massale e si predilige la coltivazione di vitigni autoctoni. Sono ammessi i trattamenti contro le malattie purché rispettino le norme dell’agricoltura biologica. Sono vietati i trattamenti di sintesi, penetranti o sistemici. Infine la vendemmia deve essere manuale. Per quel che riguarda il lavoro in cantina si possono utilizzare solo lieviti indigeni presenti sull’uva ed in cantina con esclusione di qualsiasi prodotto di nutrimento. Non sono permessi i sistemi di concentrazione ed essiccazione forzata, solo appassimento naturale dell’uva all’aria. È vietata ogni manipolazione alla fermentazione naturale compreso il controllo della temperatura. Esclusione anche di chirificante e filtrazione. La solforosa totale non potrà mai essere superiore ad 80 mg/l per i vini secchi e 100 mg/l per i vini dolci.
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